La partecipazione sociale - PARTE I

Home
/
Blog AffidoBlog Social Work
/
La partecipazione sociale - PARTE I

Rilanciare la partecipazione: favorire esperienze associate, esperienze di stimolo, abbassare la soglia di accesso.

DisponibilitĂ  e attivazione

Un tema immediatamente conseguente alle nostre riflessioni sulla capacitazione e sull’empowerment è quello della partecipazione, cioè della disponibilità e della concreta attivazione delle persone alla costruzione dei processi collettivi, alla promozione del bene comune, al governo della polis. Si tratta di una dimensione fortemente rilevante, che si confronta con «la crisi dei modelli tradizionali di partecipazione sociale e politica»17 e che rappresenta uno dei principali aspetti del lavoro di prossimità.

«Per accompagnare l’avvio di un ciclo virtuoso di partecipazione sociale, occorre far fare alle persone alcune “esperienze di stimolo”» 

Rilanciare la partecipazione

Spesso, nei post-moderni contesti locali, liquidi e freddi, quello che emerge è un processo di fuga dalla partecipazione e di ritiro nel privato. Quote importanti di popolazione ritengono che il tempo vada dedicato ad altro (lavoro, famiglia, salute, interessi personali).

La dinamica di allontanamento dal palco sociale trova poi un moto di accelerazione in quel diffuso sentimento di inadeguatezza che le persone avvertono nei confronti della res publica, dovuta sia alla mancanza di esperienze pregresse o alla loro negatività (ritorna il concetto di incapacità appresa), sia all’oggettiva difficoltà di maneggiare gli strumenti tecnico-burocratici tipici delle realtà istituzionali e di governo.

Tutto questo genera un sentimento complessivo di disaffezione e di disinvestimento che tende ad autoalimentarsi. Occorre, quindi, rilanciare la partecipazione, intesa come «forma di cittadinanza che si rende attiva, che non si esplica soltanto nell’andare a votare o nel seguire i fatti di cronaca politica, ma anche e soprattutto nell’impegnarsi direttamente, in prima persona, nel perseguimento di uno scopo sociale».18

Come attivarla

Senza pensare ingenuamente che ogni forma di partecipazione sia mossa da intenzioni e obiettivi positivi e sia capace di produrre effetti buoni, occorre chiedersi in quale modo sia possibile favorire una sana attivazione della gente.19 Uno spunto ce lo offre l’idea che la partecipazione si apprenda praticandola, cioè sia un “bene virtuoso” che si rinforza con l’esercizio. Secondo questa angolatura occorrerà stimolare le persone alla realizzazione di alcune iniziali esperienze positive, tali da innescare il ciclo del rinforzo.

A tal riguardo una buona soluzione (che riprende nuovamente il discorso “relazionale” di cui sopra abbiamo appena parlato) è quella di favorire esperienze associate, non solitarie…e accompagnate (dalle realtà sociali, umanitarie, religiose, culturali, etc. già presenti sul territorio) in modo che i primi passi appaiano (e siano realmente) “a bassa soglia di accesso”, cioè alla concreta portata delle persone, che non gli richieda di più di quello che siamo in grado di dare qui ed ora, pur conservando un’apertura a possibili future intensificazioni.

Si tratta, inoltre, di far emergere quanto il mondo «diversificato di esperienze accomunate dall’idea del coinvolgimento attivo dei cittadini e delle comunità [... sia] un insieme nel quale l’agire assume un ruolo politico di azione collettiva [... e] nel quale i cittadini imparano a identificare i loro margini di libertà e di autonomia e a scoprire i modi per contribuire alla soluzione dei problemi della vita quotidiana».20

‍Da dove partire

Per accompagnare l’avvio di un ciclo virtuoso di partecipazione sociale, occorre far fare alle persone alcune “esperienze di stimolo”, delle brevi ma eloquenti tappe iniziale, che confermino la percezione di capacità, rinforzino la disponibilità e rilancino l’impegno.

Tornando all’aquila di Anthony de Mello, occorre aiutarla a fare alcuni “primi voli”. Saranno voli protetti, accompagnati, facilitati, saranno voli brevi, semplici, alla portata, ma saranno pur sempre dei voli veri, reali, concreti, che più di tante parole e discorsi confermeranno al nostro “volatile” di non essere un pollo e che stimoleranno il desiderio e l’interesse a proseguire, a volare più in alto, ad osare.

Per far questo occorre dunque “abbassare la soglia di accesso” alla partecipazione, con lo scopo di favorire l’attivazione nel maggior numero possibile di persone, proponendo loro di vivere piccole esperienze iniziali. Questo non impedisce di proporre successivamente, a coloro che inizieranno ad attivarsi e che mostreranno buona disponibilità, ulteriori e più intensi percorsi. Ma all’inizio occorre “andarci piano”.

 

 

 

 

Note:

17 Tomai Bepi, Volontariato oltre il mito, in Tomai Bepi (a cura di), Il volontariato. Istruzioni per l’uso, Feltrinelli, Milano, 1994, p. 8.

18 Ranci Costanzo, Il volontariato. I volti della solidarietĂ , Il Mulino, Bologna, 2006, p. 77.

19 Cfr. Mannarini Terri, La cittadinanza attiva. Psicologia sociale della partecipazione pubblica, Il Mulino, Bologna, 2009, pp. 139-140.

20 Giordano Marco, Verso un modello di collaborazione tra le reti di famiglie affidatarie e il sistema dei servizi, in Assessorato alle Politiche di coesione sociale e Pari opportunitĂ  della Provincia di Mantova, Reti di famiglie affidatarie nel sistema dei servizi per minori, Mantova, Provincia di Mantova, 2011, p. 53.


Se sei interessato a raccontare la tua esperienza o le tue riflessioni di assistente sociale siamo lieti di pubblicare un tuo articolo sul nostro blog. Per maggiori informazioni contatta la dott.ssa Serena Vitale (redazioneblog@progettofamiglia.org)
Scrivi un Messaggio
Accetto la Privacy Policy
L'invio del tuo messaggio è andato a buon fine.

Siamo lieti che tu ci abbia scritto! A breve il messaggio sarĂ  visionato dallo Staff del Centro Studi. Ti risponderemo quanto prima.

Cordiali saluti, la Tutor del Centro Studi, dr.ssa Carmela Carotenuto.
Oops! Qualcosa è andato storto!