Come essere Assistenti Sociali riflessivi?

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Come essere Assistenti Sociali riflessivi?

Competenza tecnica e capacità relazionale. Riflessività dell’Assistente Sociale.

Come scegliere l’intervento giusto?

Quando realizzare un certo intervento sociale e quando un altro? Per rispondere a questo quesito occorre affrontare un tema centrale per la qualità del nostro operato di Assistenti Sociali: la riflessività. Di ogni intervento occorre aver ben chiare le finalità ultime, oltre che gli esiti immediati. A questo scopo, prima di intervenire, occorre porsi numerose domande, coniugando la competenza tecnica con una buona capacità relazionale.

«Di ogni intervento occorre aver ben chiare le finalità ultime, oltre che gli esiti immediati»

I manuali sulla riflessività 

Quello della riflessività è un argomento centrale per la pratica di Servizio Sociale… tant’è che, nei manuali di settore, vi sono molti approfondimenti su questo, a partire dal Professionista riflessivo di Donald Schön, … fino ad arrivare ad alcuni libri di Servizio Sociale scritti da autori italiani, quali, ad esempio, L’Assistente Sociale Riflessivo di Alessandro Sicora, e Servizio Sociale Riflessivo di Luca Fazi.

Riflessione e finalità degli interventi 

Sarebbe un grande errore pensare che le azioni di Servizio Sociale siano legate soltanto alla necessità di fronteggiare rischi imminenti o per interrompere danni in atto. Evidentemente, quando ve ne fossero le condizioni, gli interventi di pronto intervento sociale sono necessari. Ad esempio, quando si è di fronte a situazioni di grave pericolo. 

Un approccio adeguato ci chiede di mettere a fuoco non soltanto la risposta immediata. Dobbiamo sempre definire un orizzonte più ampio, ragionando sulle finalità ultime delle nostre azioni, non solo sugli esiti immediati.

Domande di riflessione 

Occorre, in sostanza, porsi numerose domande. Ad esempio, nel caso di un bambino “messo in protezione” mediante il suo inserimento d’urgenza di una Comunità residenziale, occorrerà chiedersi: per quanto tempo questo minorenne dovrà restare nella comunità? E con quali obiettivi? A quali condizioni tornerà nel suo contesto d’origine, se questo sarà possibile? O occorrerà cercare altre soluzioni? E, in tutto questo, quali ruoli verranno svolti dai Servizi Sociali? E quali dagli altri soggetti in gioco? Quali azioni verranno attuate? Etc. Insomma, è evidente che qualunque intervento, in particolare quelli molto complessi, richiedono un lavoro di riflessione, oltre che un attento lavoro di assessment e valutazione iniziale. 

Competenza tecnica

Dire riflessività non significa semplicemente invitare ad un approccio meditato. Per riflettere dobbiamo dotarci di due caratteristiche necessarie: la competenza tecnica e la capacità relazionale. La competenza tecnica è indispensabile. Come Assistenti Sociali dobbiamo saper maneggiare la strumentazione teorica e metodologica della nostra professione. Dobbiamo essere in grado di prendere spunto dalle buone prassi, conoscendone i punti di forza e di debolezza. Se così non fosse il rischio di realizzare interventi inappropriati sarebbe altissimo.

Avere contezza delle buone prassi significa anche impegnarsi in un costante aggiornamento professionale. Fa riflettere che nell’ambito del Servizio Sociale nessuna delle cosiddette riviste di fascia A, cioè quelle che assicurano il massimo della qualità dei loro contenuti, sia pubblicata in Italia. Questo ci porta a soffermarci su quanto realmente occorra rinnovare, ampliare, approfondire le competenze professionali. 

Capacità relazionale

Accanto alla competenza tecnica l’altro ingrediente necessario per una buona riflessività dell’Assistente Sociale è la capacità relazionale. Dobbiamo saperci porre di fronte alle situazioni concrete di ciascuna singola persona, con uno sguardo nuovo. Dobbiamo cioè imparare a mettere in discussione le convinzioni maturate nelle esperienze precedenti. Questo non significa, ovviamente, rinunciare al proprio “know-how”, alle proprie competenze ed esperienze. È però importante, ogni volta, aver chiaro che abbiamo di fronte a noi persone e situazioni sempre diverse.

Senza questa attenzione alle persone, finiremo con il realizzare interventi dogmatici, rigidi. Rischieremmo di basarci più sulle nostre procedure e conoscenze che sull'interazione diretta, costante e approfondita con le concrete persone che si rivolgono al servizio, con le quali bisogna imparare a sviluppare relazioni di reciprocità.

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