"Pazzo per lei": andare oltre l’apparenza. L’amore e la forza della diversità.

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"Pazzo per lei": andare oltre l’apparenza. L’amore e la forza della diversità.

Empowerment e cambiamento. Azioni sociali: consapevolezza. Eliminare la stigmatizzazione: forte senso di coesione e appartenenza.

Prefazione

Adri è un giovane giornalista che non crede nell'amore. Durante una serata passata con gli amici viene travolto dall'incontro con una ragazza misteriosa, che poi scoprirà chiamarsi Carla. Dopo una folle avventura notturna che si conclude in ore di passione, la ragazza scappa e scompare. Carla è infatti ricoverata in un ospedale psichiatrico (da cui ogni tanto scappa di nascosto) e soffre di disturbo bipolare. Per seguire la donna di cui si è infatuato, Adri chiede di essere ricoverato nell’istituto psichiatrico ma scopre che uscire non è poi così facile. Se inizialmente Adri è interessato semplicemente a raggiungere il suo obiettivo, con il tempo ed entrando in contatto con le diverse storie e con le difficoltà delle persone che incontra, inizierà a cambiare e a guardare la vita con occhi diversi.

«Oggi, la società, non è sempre pronta ad accettare l'altro "diverso da se", non lo vede come una risorsa ma ancora come un problema »

Oltre l’amore

Inizialmente sembra un film d'amore ed è così ma in parte perché al suo interno ha dei significati profondi e che noi Assistenti sociali o futuri non possiamo sottovalutare.

Nonostante il film non tratti nel dettaglio il disagio mentale, all'interno ci sono vari tempi collegati, ad esempio i disagi interiori dei soggetti affetti da disturbi psichici, la loro paura di una vita fuori da quelle mura, la società che emargina questi soggetti e li stigmatizza. Il film è breve e quindi il tema non viene definito nel dettaglio ed è comunque abbastanza romanzato, ma fa molto riflettere.

"Volere è potere"

Questa frase viene spesso ripetuta durante il film ed è verissimo ma va fatto capire e divulgato il più possibile, non solo nell'ambito delle malattie mentali ma in qualsiasi ambito ci troviamo nella vita quotidiana.

Come assistenti sociali dobbiamo sviluppare l'empowerement delle persone, spingerle a crederci nonostante tutto, costruire la resilienza per creare una società capace di affrontare le avversità e riorganizzarsi per combattere ogni problema (sia personale che non). Come professionisti del sociale dobbiamo promuovere il cambiamento e la liberazione delle persone per migliorare il benessere.

Il cambiamento avviene nel contesto sociale in cui la persona si trova senza nascondersi dietro una malattia mentale, una difficoltà, perché ciò non fa altro che aumentare il "problema", la paura. Il cambiamento avviene grazie alla tessitura di buone reti sociali e grazie ad una buona conoscenza dell’altro. Fermarsi all’apparenza e stigmatizzare non fa altro che aumentare il disagio sociale che porta all’esclusione di alcune categorie di persone.

Accettazione e convivenza: il ruolo dell’assistente sociale

"Nel centro li aiutiamo a convivere con la malattia e li aiutiamo ad accettarsi, e per fare questo ci vuole tempo". Accettarsi è concetto molto profondo, significa vivere in modo consapevole, implica guardarci dentro e non sempre è facile, anzi a volte doloroso, ma allo stesso tempo è prezioso, ci fa capire l'essenza di essere noi stessi sempre, nonostante, anzi grazie alle differenze.

Ci vuole tempo, è vero, ma è proprio il tempo che permette di vivere, di sbagliare e di migliorarci. Si parte dal “sono” ossia si parte da se stessi, per poi arrivare a scoprire le proprie risorse e fare leva su di esse per “risalire” pieni di  semi da seminare nel proprio cammino.

È proprio qui che interviene l’assistente sociale che ancora una volta deve essere promotore di empowerement costruendo azioni sociali  attraverso il quale le persone, le organizzazioni e le comunità acquisiscono competenza e consapevolezza delle proprie vite, al fine di cambiare il proprio ambiente sociale e politico per migliorare l’ equità e la qualità di vita.

Eliminare la stigmatizzazione

Inizialmente Adri si ferma all’apparenza e non accetta i soggetti all’interno della clinica, li trova “pazzi” ma poi cambia opinione, si affeziona e li aiuta. Oggi, la società, non è sempre pronta ad accettare l'altro "diverso da se" , non lo vede come una risorsa ma ancora come un problema.

Per cercare di eliminare tutto ciò, come operatori sociali bisogna sensibilizzare e far conoscere sempre di più non solo il mondo delle malattie mentali ma qualsiasi cosa “diversa” per far si che la società non stigmatizzi più ma che si trasformi in una società aperta e accogliente, una società che fa "squadra”, in cui c’è una forte connessione emotiva condivisa per far si che tutti i soggetti si sentino empaticamente uniti. Solo così si può sviluppare un forte senso di coesione e senso di appartenenza in cui tutti, con le loro differenze e grazie ad esse, si sentono cellula della comunità


Se sei interessato a raccontare la tua esperienza o le tue riflessioni di assistente sociale siamo lieti di pubblicare un tuo articolo sul nostro blog. Per maggiori informazioni contatta la dott.ssa Serena Vitale (redazioneblog@progettofamiglia.org)
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