Il volontariato come ponte verso l’umanizzazione delle cure

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Il volontariato come ponte verso l’umanizzazione delle cure

Volontariato: cura dell’aspetto relazionale, morale, cognitivo e affettivo. Processo di umanizzazione, accettazione e mediazione.

Umanizzare l’équipe

Grazie allo sviluppo del volontariato, negli ultimi anni si è incrementata l’esigenza di umanizzare l’équipe e i luoghi di cura, ponendo attenzione non soltanto all’aspetto curativo della malattia, ma soprattutto all’ aspetto relazionale e morale. Infatti, in diversi luoghi di cura, sono stati creati, grazie alla presenza di volontari, centri ricreativi che permettono a chi risiede in una struttura ospedaliera o residenziale, per alcuni momenti della giornata, di dimenticarsi del proprio stato di degenza. Pensiamo, ad esempio, alla creazione di ludoteche, punti di lettura o cineforum per i piccoli degenti. Per un bambino, infatti, il ricovero e la degenza in ospedale sono quasi sempre causa di forte stress. La ludoteca in ospedale, soprattutto in pediatria, è fondamentale perché ricrea un luogo familiare, riuscendo così a distogliere l’attenzione dalla malattia lo si aiuta a “sentirsi come a casa”. La ludoteca può essere vista come spazio “distrazionale” che stimola l’empatia e la collaborazione tra malato ed operatore, riuscendo così a coinvolgere il piccolo paziente come parte attiva nel processo di aiuto.

«Il volontariato è imporante perché fare bene agli altri fa bene anche a te. Egoisticamente io mi sento meglio quando faccio del bene ad altre persone ed è una cosa bellissima a cui dovreste dedicarvi anche voi» (-Bebe Vio-)

Bambini ospedalizzati: un volontario come amico

Il volontario in ospedale dedica tempo, amore, propone riflessioni e azioni ricreative di tipo manipolativo, creativo. Durante il ricovero si cerca di preservare il percorso di crescita del bambino, sia da un punto di vista fisico, ma soprattutto psichico e relazionale, garantendo il giusto nutrimento affettivo e cognitivo.

Il sorriso, i bisogni che esprime, la sua creatività, la sua vitalità sono ciò di buono che il bambino sa fare anche nel suo stato patologico ed è da lì che bisogna partire per curarlo. Attraverso il gioco, il bambino ospedalizzato, esprime i suoi sentimenti, sia positivi che negativi e per questo il gioco assume una funzione terapeutica. Attraverso il gioco, infatti, il bambino esprime la paura di essere abbandonato, il timore di essere manipolato da figure esterne, la rabbia e l’aggressività. La possibilità di giocare in ospedale rientra nel processo di umanizzazione delle cure perché, se il bambino gioca, è impegnato, non si deprime, non è solo, crea relazioni e, per qualche ora, distoglie l’attenzione dal dolore fisico.

A questo proposito il volontario gioca un ruolo fondamentale come mediatore tra il piccolo paziente ed il curante perchè migliorando la qualità degli ambienti di cura e, ponendo attenzione agli aspetti relazionali, aumenta la compliance con ricadute positive sia sui tempi di recupero che sulla guarigione stessa.

Utilizzare la chiave giusta: umanizzare, riconoscere, accogliere

Il processo di umanizzazione è molto importante in quanto l’esperienza del ricovero in ospedale, così come l’afferenza a qualsiasi tipo di servizio sanitario, rappresenta per la persona un evento psicologicamente traumatizzante, caratterizzato da una serie di disagi fisici e psichici che si aggiungono alla sofferenza dello specifico stato di salute che ha motivato la richiesta di prestazione.

L’ingresso in un ospedale o in una struttura, spersonifica l’individuo, quindi diventa prioritario fare in modo che questi luoghi siano il più possibile accoglienti, vicini alla quotidianità del paziente. Fondamentale per l’accettazione del paziente del suo stato di degenza, è la fase dell’accoglienza. Accogliere significa ricevere, ospitare, ammettere la persona in quel luogo, farlo sentire il benvenuto, soprattutto, considerando la sofferenza del momento.

È evidente che il nesso tra il sistema di umanizzazione delle cure e il mondo del volontariato è molto stretto, in quanto, quest’ultimo, traduce tutti quei principi cardine che sostengono, sostanziano e supportano le pratiche di umanizzazione nel mondo sanitario. Nello specifico, i principi di affidabilità, intesa come avere fiducia verso la struttura e il personale che ivi lavora; ascolto, dignità e rispetto; cambiamento, benessere, empowerment, inteso come continuo stato di miglioramento sia del servizio che dello stato globale della persona; equità, salute ed economicità del sistema; sistema aperto e visione olistica propria di un continuo scambio con l’ambiente esterno, consentendo l’ampliamento dei propri orizzonti, per garantire risposte sempre più adeguate che mettano al centro l’individuo.

 

Fonti:

http://fondazioneospedalesalesi.it/wp-content/uploads/2015/12/DEFINITIVO-Clown-Dottore-in-Ospedale.pdf

Russo P. 2019, Umanizzazione delle cure, Lampo.

 

 


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