Culture e valori disomogenei: l’Assistente Sociale nel ruolo di mediatore

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Culture e valori disomogenei: l’Assistente Sociale nel ruolo di mediatore

Diversità ed integrazione. Linguaggio e comunicazione. Valori condivisi e diversità. Il Servizio Sociale come interprete, punto di incontro tra diverse prospettive.

Linguaggio e comunicazione

Non c’è epoca in cui l’uomo non si sia avvalso di parole, suoni o gesti per poter comunicare e trasmettere pensieri e messaggi. Il linguaggio, infatti, che sia esso verbale o meno, è da sempre lo strumento prediletto della comunicazione.

Nel corso della vita, l’essere umano matura abilità espressive/comunicative attraverso la quale poter esprimere le proprie emozioni e i propri bisogni. Esse variano a seconda della fascia d’età in questione, a partire dal primo istante di vita; infatti, sono molti gli studiosi che presuppongono, da parte dell’uomo, la predisposizione e l’innata capacità ad apprendere il linguaggio in tutte le sue forme.

Possiamo affermare, dunque, che quest’ultimo sia l’approccio primario d’ogni esperienza di vita. Tramite esso, le persone creano un sistema di comunicazione che permette loro, oltretutto, di costruire e mantenere in vita rapporti sociali e civili. Ogni società, infatti, possiede un linguaggio specifico e caratterizzante, riconosciuto e proprio, che è alla base di tutte le funzioni concettuali1 e che consente alle persone di poter convivere in piena civiltà.

«Nessuna cultura può vivere se cerca di essere esclusiva»

Comunità a confronto

E’ proprio grazie al linguaggio comune, dunque, che una qualsivoglia comunità diviene in grado di stabilire proprie regole interne e di trasmettere usanze, valori e tradizioni; diviene in grado, insomma, di dar vita ad una società civile. Ma cosa succede quando due linguaggi diversi, e quindi due comunità, s’incontrano e confrontano?

Le società odierne ormai, e aggiungo per fortuna, sono caratterizzate perlopiù da atteggiamenti d’apertura e d’accoglienza nei confronti di coloro che, per variegate ragioni, risiedono in territori diversi dal proprio luogo di nascita. Ciò anche per merito delle Istituzioni, pubbliche e private, impegnate sia nella promozione dell’integrazione, che nella lotta contro le discriminazioni. Tuttavia, è doveroso affermare che, purtroppo, tutto ciò non comporta l’assenza totale di tensioni tra le popolazioni immigrate e quelle originarie del luogo.

Prospettive. . . tête à tête!!

Se è vero che il rispetto delle regole e dei valori comuni è alla base di una sana convivenza, è anche vero che, a volte, questi ultimi non corrispondano o siano addirittura l’opposto di quelli trasmessi e presenti nelle altrui culture. In questo caso, le incomprensioni e gli inconvenienti possono essere all’ordine del giorno. Basti pensare ad alcuni gruppi etnici presenti sul nostro territorio come, ad esempio, i nomadi; in particolare, minori nomadi. 

Alcuni comportamenti da loro assunti, infatti, spesso son visti e considerati dalla nostra comunità come veri e propri illeciti mentre, dal loro punto di vista, altro non sono che attività attraverso la quale uniformarsi al gruppo di appartenenza. Per essere maggiormente concreti, riportiamo l’esempio dell’appropriazione dei beni ai danni di terzi e dunque, in questo specifico caso, ai danni di coloro che sono estranei al gruppo. In Italia, tale azione costituisce un vero e proprio reato, il furto, mentre per i nomadi può esser vista come un azione positiva, una sorta di manifestazione di maturità all’interno di quello che è il proprio contesto.

Di conseguenza, il minore incriminato non solo non avrà la giusta percezione della propria condotta ma, con molta probabilità, arriverà anche a percepirsi come punito ingiustamente. Dal suo punto di vista, infatti, egli è un minore che non ha sì aderito a quelle che sono le regole della società generale ma è un minore che, tuttavia, si è reso utile alla sua di comunità e ne ha rispettato i codici comportamentali.

Tutto ciò, or dunque, suggerisce e comporta l’assunzione di una lettura diversa dei reati commessi da codesti minori2.

Assistente Sociale come mediatore, vediamo come!

E’ a questo punto che diventa fondamentale l’operato del Servizio Sociale, interprete comportamentale e portavoce di più variegate esigenze. Gli operatori, infatti, dovranno avvicinarsi al minore e alla rispettiva famiglia considerando non solo la loro logica, ma anche i codici comportamentali di riferimento, senza pregiudizi; ciò per condurli, successivamente, verso nuovi campi relazionali. L’obiettivo diviene quello di indirizzare queste persone ad avvalersi in maniera costruttiva delle proposte di aiuto offerte dalla comunità ospitante, per meglio ovviare alle divergenze culturali e migliorare la convivenza sociale. 

Per i minori nomadi e, più in generale, per i minori stranieri, è fondamentale avere un aggancio educativo all’interno del contesto comunitario con la quale andranno ad integrarsi. Per questo motivo, necessario è avere riferimenti stabili che possano seguirli e accompagnarli nel lungo processo di integrazione, soprattutto perché le proposte di intervento offerte sono, spesso, dissonanti rispetto alla loro matrice culturale di riferimento.

L’Assistente sociale assume, in definitiva, una sorta di funzione di mediatore che mira a favorire una maggiore sensibilizzazione, nelle altrui culture, verso valori che caratterizzano il contesto sociale e penale; e viceversa. Questo in vista di un cambiamento delle loro prospettive e delle rispettive ottiche culturali3.

 

Note:

1 V. Pennini, “La Sociolinguistica: le Relazioni tra Linguaggio e Società”, “Scena Criminis - L’informazione al servizio della legalità”, 25 Luglio 2016;

2 Dall’incontro con il Professor Ugo Ciaschini, autore del testo “Servizio sociale minorile e giustizia penale. Cornice istituzionale e dimensione terriotriale”, Carocci, 14 Giugno 2012;

3 Ibidem.


Se sei interessato a raccontare la tua esperienza o le tue riflessioni di assistente sociale siamo lieti di pubblicare un tuo articolo sul nostro blog. Per maggiori informazioni contatta la dott.ssa Serena Vitale (redazioneblog@progettofamiglia.org)
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