La casa: luogo intimo o gabbia che rinchiude? (Parte I)

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La casa: luogo intimo o gabbia che rinchiude? (Parte I)

Domiciliarità: intero, intorno, interno. Assistenza domicialiare. Stare a casa, stare bene.

Un nuovo significato

La casa è dove si trova il cuore” lo diceva già duemila anni fa il filosofo romano Plinio il Vecchio. Ed è per questo suo importante valore affettivo e simbolico che la casa è oggi più che mai oggetto di riflessione e discussione.

«La casa è un luogo che va tutelato, curato, preservato o ricreato»

Ma cos’è casa oggi?

La casa è quel luogo nel quale viviamo, fatto di mura, oggetti, arredi.  E’ un luogo fatto anche di profumi, colori, suoni. E’ un luogo di affetti, ricordi, relazioni e quindi è un luogo fatto di persone che vi abitano dentro e di cui ci si prende cura. E’ un luogo intimo, dove le persone intessono delle relazioni profonde, dei legami che durano nel tempo. E’ un luogo che va tutelato, curato, preservato o ricreato.

La domiciliarità

Il concetto di casa sta dentro ad un concetto più grande che è quello della domiciliarità, ovvero “il contesto dotato di senso per la persona; lo spazio significativo che comprende la globalità della persona stessa e ciò che la circonda”.[1] Pertanto racchiude non solo le relazioni interne, ma anche quelle esterne, con la comunità locale e sociale.

La domiciliarità è quindi un insieme formato da tre I: Intero, Interno e Intorno.[2] Per interno si intende tutta la persona, nella sua unicità e globalità e quindi con la propria storia; l’intorno è rappresentato dall’ambiente e dal contesto nel quale è immersa la casa e quindi dalle relazioni con il mondo circostante esterno; mentre l’interno é rappresentato da affetti, emozioni e ricordi della persona.

Le persone sono legate alla propria casa che diventa quindi la nicchia ecologica dove si sta bene, dove si desidera vivere. La casa cura ed è uno spazio che dà sicurezza e che spesso non si vuole abbandonare.

Pensiamo ad un anziano che desidera poter vivere la sua vita nella propria casa e che fatica a pensare di essere inserito in una struttura; o ad un adulto disabile che nonostante non abbia più familiari che possano continuare ad accudirlo non vuole lasciare il suo nido. O ancora a nuclei familiari sfrattati che temono nel dover lasciare la propria dimora. O pensiamo alla fatica di un bambino nel pensare di dover lasciare la propria casa e la propria famiglia quando si valuta necessario un allontanamento.

Sebbene le motivazioni per questi “abbandoni” della propria casa siano leciti e comprensibili, quanto si opera per fare in modo di risolvere le condizioni di fragilità, vulnerabilità, precarietà senza dover “cambiare casa?”

Una casa sicura che cura?

Se la domiciliarità cura, è anche vero che deve essere si-cura e che va curata in qualunque contesto di vita. Occorre progettare domiciliarità cercando soluzioni alternative allo sradicamento. Ma lo si fa? Si investe in progetti di questo tipo?

Diventa sempre più essenziale sviluppare interventi per la domiciliarità e per la deistituzionalizzazione: sia per quanto concerne gli anziani che per altre vulnerabilità: disabili, mamme con bambini, minorenni, detenuti… Occorre mettere in campo interventi precoci e di prevenzione; progettare percorsi di accompagnamento (“mangiare il pane insieme”) che valorizzino un approccio partecipativo e di empowerment: un processo di intervento integrato e partecipato che coinvolga risorse professionali e informali, che si basa sul riconoscimento, la valorizzazione e l’attivazione delle risorse personali, familiari e di contesto. Si rendono necessari progetti che valorizzino la quotidianità familiare supportandola con interventi di vario genere (sociosanitari, educativi, di prossimità, di accompagnamento, di solidarietà…).

Talvolta si progettano questi interventi che favoriscono la domiciliarità, altre volte forse non si osa a sufficienza. Occorre far crescere ulteriormente la cultura delle domiciliarità all’interno delle politiche sociali; per farlo appare utile investire in progetti creativi che mettano al centro una valutazione e riflessione sul “bisogno di rimanere a casa per poter star bene”. Se il bisogno è reale e indispensabile allora appare importante impostare interventi che aiutino a stare a casa.

Tra gli strumenti c’è di sicuro l’assistenza domiciliare, ma anche interventi di altro tipo: pasti a domicilio, telesoccorso, servizio lavanderia, affidamento familiare diurno… Risulta poi importante costruire una comunità partecipe e responsabile che collabori con i servizi pubblici e faccia la propria parte in termini di vicinanza e prossimità.


[1] Scassellati Sforzolini Galetti Mariena, Domiciliarità, Nuovo Dizionario di servizio sociale, Carocci Editore Faber, p.232

[2] Rao Salvatore, “La cultura della domiciliarità- Il Sistema di Welfare – L’assistenza Domiciliare tra differenze e insufficienze, il cambiamento possibile!”, Seminario on-line de La Bottega del Possibile “Welfare e domiciliarità – un circolo virtuoso da innescare”, Nuova edizione 2020 (dal 1° al 28 ottobre),

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