Clochard 63enne multato: soluzione o complicazione?

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Clochard 63enne multato: soluzione o complicazione?

Sistema integrato di intervento e servizio sociale: percorsi di rieducazione e reintroduzione, dignità e diritti umani.

Povertà e assembramenti 

Dopo la vicenda degli indigenti sanzionati a Genova per gli assembramenti in fila alla mensa di via Prè, arriva il caso di Pasquale, clochard 63enne multato per il mancato rispetto delle misure anti-contagio. 400 euro di multa perché “non ha potuto spiegare come mai si trovasse per strada e non a casa nonostante le restrizioni Covid”. Le multe ammontano ad una somma impossibile da pagare per chi è in una condizione di grave indigenza, ma il problema non è certo il pagamento, che tanto non ci sarà, quanto il fatto che il continuo controllo (e la conseguente sanzione) non risolve il problema, ma determina lo spostarsi del problema in un altro luogo. Si va a colpire il debole che fa assembramento, ma dietro l’angolo ci sono altri assembramenti di chi però viene maggiormente rispettato. E allora qual è il punto sul quale doversi soffermare a riflettere

«Il male si innerva quando finisce il dialogo con la propria coscienza morale e si assenta la fase della riflessione e il saper distinguere e riconoscere il male e il bene» 

Diritti o doveri 

Innanzitutto che non ci sono cittadini di serie A e di serie B e che quindi la dignità è un diritto che dovrebbe essere percepito come principale valore etico e fonte di ogni diritto umano. Hanna Arendt ci ricorda che “il diritto ad avere diritti o il diritto di ogni individuo ad appartenere all’umanità dovrebbe essere garantito dall’umanità stessa”.  

Nello statuto dell’ONU e nella Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo del 1949 viene giuridicamente definito il diritto oggettivo di uguaglianza e pari dignità nel rispetto delle differenze individuali, così espresso: «L’unico e sufficiente titolo necessario per il riconoscimento della dignità di un individuo è la sua partecipazione alla comune umanità». 

La dignità umana non è quindi solo del soggetto che agisce, ma anche di coloro con cui si interagisce; pertanto, oltre che vertice dei diritti umani essa è specchio e sintesi dei doveri degli uni verso gli altri. Il principio d’autodeterminazione è il primo corollario della dignità della persona, ma esso si espande finché non limita l’autodeterminazione altrui. 

Soluzioni ad hoc 

Il fulcro di tutto è che l’assistenza pubblica è andata assottigliandosi nel corso degli anni sempre più rapidamente, mentre la povertà è andata aumentando. 

Il punto essenziale è il costruire per ogni persona un percorso personalizzato, capace di tenere insieme problemi, risorse ed opportunità di ciascuno coinvolgendo contemporaneamente tutta la società civile e tutto il territorio: servizi sociali e sanitari, servizi al lavoro, amministrazioni comunali, terzo settore. 

La società sembra priva o carente degli strumenti per dare alle persone l’occasione di riemergere ed è talmente stanca che talvolta sembra essersi abituata a queste forme di distruzione della dignità. 

Occorre, ad esempio, pensare a percorsi di reintroduzione in società che siano davvero un’alternativa valida oltre a un pasto e un tetto nei mesi più freddi. Sono pregevoli tutte le iniziative che offrono pasti ai senza fissa dimora. Ma non sono sufficienti se a supporto di queste azioni non si progettano interventi da parte delle amministrazioni comunali e dei servizi sociali in sinergia con il terzo settore. 

Rieducare 

Occorre quindi contrastare in primis questo male fine a sé stesso, che non serve a nulla e persegue solo fini di repressione, e poi certamente è necessario assicurare alle persone un sistema integrato di interventi e servizi sociali (come previsto dalla L. 328/2000), promuovendo interventi per garantire la qualità della vita, pari opportunità, non discriminazione e diritti di cittadinanza, riducendo o eliminando le condizioni di povertà e vulnerabilità.  

Gli interventi dei servizi sociali per il contrasto alla povertà comprendono oltre al segretariato sociale e al servizio sociale professionale anche tutte le attività relative all’erogazione di servizi e/o prestazioni economiche destinate a rimuovere le situazioni di bisogno e difficoltà attraverso, ad esempio, misure di contrasto alla povertà, di politica attiva e di sostegno al reddito (vedasi la misura prevista dalla L. 26/2019 del Reddito di Cittadinanza). Tali interventi, assieme a molti altri, costituiscono i LEP (Livelli essenziali delle Prestazioni sociali) da garantire sotto forma di beni e servizi, ma che ancora non sono pienamente riconosciuti come diritti esigibili. 

Bisognerebbe ci fosse assistenza per chi ha problemi mentali (ma è scarsa e insufficiente anche per chi una casa la ha) e per chi ha problemi di dipendenza (molti clochard hanno problemi di alcoldipendenza e non vengono accolti nei dormitori se ubriachi..). Servirebbe più lavoro per salvare dalla strada chi in realtà non si sottrarrebbe a prendere degli impegni.  

Sarebbe opportuna quindi un’azione più capillare sul territorio, per sostenere, ascoltare e “vedere” le persone invisibili della società che fanno assembramenti per necessità e rieducare i cittadini e la società al concetto di dignità come valore universale, ma soprattutto a non abituarsi ad accettare ciò che avviene di ingiusto. Il male si innerva quando finisce il dialogo con la propria coscienza morale e si assenta la fase della riflessione e il saper distinguere e riconoscere il male e il bene.

Se sei interessato a raccontare la tua esperienza o le tue riflessioni di assistente sociale siamo lieti di pubblicare un tuo articolo sul nostro blog. Per maggiori informazioni contatta la dott.ssa Serena Vitale (redazioneblog@progettofamiglia.org)
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