Genitori e figli: come recuperare il rapporto tra abusante e abusato? Parte V

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Genitori e figli: come recuperare il rapporto tra abusante e abusato? Parte V

Professionalità o giudizio personale. Linee guida: setting e formazione specifica.

L’operato di chi si occupa dei pedofili 

La pedofilia è una devianza sessuale caratterizzata da fantasie, pulsioni e comportamenti sessualmente espliciti che coinvolgono i bambini e, inoltre, è una forma di parafilia cioè arreca un danno alla vittima. I pedofili possono essere attratti sia da bambine sia da bambini e ciò che spinge i sex offenders ad agire dipende non solo da una patologia psichiatrica conclamata ma anche dal loro vissuto, poiché molte volte hanno subito loro stessi un abuso sessuale da bambini. I casi di pedofilia sono aumentati notevolmente negli ultimi anni anche in Italia e i dati rivelano che ogni 72 ore circa si verifica un abuso sessuale su minore e in 4 casi su 10 la vittima ha meno di 10 anni, con una prevalenza di bambine.  

Dallo studio della ricerca “Costruire con le narrazioni il sé e l’azione – lo strano caso dei pedofili e la controversa responsabilità” condotta dalla psicologa presso la casa circondariale di Villa Fastigi (PU) è emerso che tante volte i pedofili tendono a sminuire o a negare quanto commesso, questo comportamento può influenzare l’operato di coloro i quali contribuiscono alla rieducazione del reo. 

Un altro tema fondamentale trattato nell’intervista riguarda il diritto del minore all’ascolto in caso di sospetto abuso sessuale; la comunità scientifica ha elaborato delle linee guida per l'ascolto dei minori presunte vittime di abuso ma spesso accade che queste vengano violate con conseguenze nefaste per la vittima.  

«La professionalità è proprio saper riconoscere che non sempre si possono fare determinati interventi, è meglio fare un passo indietro che uno avanti e fare danni» 

INTERVISTA

-Leggendo la sua ricerca emerge che la maggior parte dei soggetti intervistati tende a sminuire, a negare, l’atto commesso. Secondo lei, tutti coloro i quali contribuiscono alla rieducazione del sex offender riescono a mantenere la professionalità necessaria (sia per quanto riguarda l’operato, sia per le valutazioni) senza farsi influenzare da giudizi personali? Crede si riesca a mantenere l’imparzialità, senza farsi trasportare dalle emozioni, soprattutto quando l’autore del reato nega la propria responsabilità? 

È una tematica non facile quindi scatta il giudizio, quasi in maniera automatica. La pedofilia è qualcosa di disdicevole, di vergognoso, inconcepibile e quindi il libero professionista molte volte viene messo alla prova.  

Io però farei una piccola distinzione: sicuramente quando entri nelle case circondariali avverti quell’aria pesante, avverti la violenza, la senti addosso. I pedofili non vengono ben visti dagli altri carcerati, infatti i direttori delle case circondariali tendono spesso a fare questa separazione. Quando entri in campo indossi l’abito della professione, in alcuni contesti bisogna mettersi l’abito, sicuramente stare tante ore in questo “abito” non è facile. 

Come libero professionista provare quell’emozione non è poco professionale, però occorre la giusta distanza perché se ti fai travolgere dalla paura o dalla rabbia diventa difficile. Forse la professionalità è proprio saper riconoscere che non sempre si possono fare determinati interventi, è meglio fare un passo indietro che uno avanti e fare danni. 

-Nel corso degli anni gli esperti di psicologia forense hanno elaborato delle linee guida (che vengono costantemente aggiornate) per l’ascolto dei minori presunte vittime di abuso sessuale. Spesso accade che nei procedimenti giudiziari non se ne tenga conto di queste linee guida o che vengano violate. Quali conseguenze può avere il minore? 

Qui entrano in campo lo psicologo, il neuropsichiatra infantile, figure che vengono nominate dal giudice per fare un’indagine, un intervento, non tanto per stabilire se c’è stato un abuso che, invece, è compito del giudice. Ci sono delle linee guida e sarebbe ideale metterle in atto però purtroppo molti psicologi, assistenti sociali, si buttano (passatemi il termine) a fare degli interventi specifici senza una formazione specifica. Ultimamente si richiede sempre maggiore professionalità quando si tratta di minori. 

Ci sono psicologi forensi che hanno dato specifiche indicazioni, come alcuni appartenenti all’ordine delle Marche e del Lazio e per quanto riguarda l’ascolto del minore consigliano di creare un ambiente favorevole adatto al bambino. Non è facile avvicinarsi al bambino, setting diventa fondamentale, infatti adesso nei Tribunali vengono creati quegli ambienti in cui non c’è soltanto la stanzetta ma ci sono giochi, divanetti, tavolinetti, che rendono l’ambiente più adatto al bambino.  

Ci sono linee guida ed è significativo metterle in atto ma non sempre c’è questa professionalità. Ho avuto modo di conoscere periti molto bravi e altri che, invece, si dilettano e apprendono catturando informazioni altrui. Però la professionalità è altro. 

 


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