L’AFFIDO DOPO BIBBIANO. Come cambia la tutela per bambini e famiglie

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L’AFFIDO DOPO BIBBIANO. Come cambia la tutela per bambini e famiglie

Intervento di Marco Giordano al Seminario online sull’affidamento familiare del 29 novembre 2020

Maria, Antonio, Nicola… 

Maria è una ragazza di sedici anni ed ha un fratellino, Antonio, di undici, con un ritardo cognitivo. I loro genitori sono separati. Il padre è assente. La madre, nonostante il sincero affetto per i figli, è gravemente depressa e non riesce ad occuparsi di loro. I pochi parenti sono lontani e non coinvolgibili. Maria e Antonio vivono da tre anni in una Casa famiglia. Avrebbero bisogno di essere accolti da una famiglia affidataria ma non ve ne sono di disponibili a prenderli entrambi, anche considerando il carico che comportano i bisogni particolari di Antonio e l’assenza sul territorio di un servizio di supporto socioeducativo per gli affidamenti complessi.

«Avrebbero bisogno di essere accolti da una famiglia affidataria ma non ve ne sono di disponibili» 

Nicola è un bimbo di sette anni ed è iscritto alla seconda elementare. Vive con la mamma e con i nonni. A scuola non riesce a seguire bene il programma a causa di un marcato disturbo dell’apprendimento. Inoltre, non di rado, la mattina resta a casa perché la madre fa fatica a conciliare gli orari del lavoro con quelli familiari. I nonni sono anziani e parzialmente invalidi quindi non possono accompagnarlo. Non vivono lontani dalla scuola ma ci sarebbe bisogno di un vicino di casa o del genitore di un compagno di classe che si rendesse disponibile. La soluzione tuttavia, per quanto semplice, non si concretizza. Sia la mamma che i nonni hanno un carattere particolare che li rende a volte sgradevoli. Ci sarebbe bisogno di una “famiglia solidale” o di un “affidamento diurno” ma si tratta di due forme di intervento che funzionano in modo discontinuo e lacunoso a causa del sovraccarico del servizio sociale territoriale. 

… e altre centinaia di migliaia 

Parlare di affidamento familiare, oggi è più che mai necessario. Maria, Antonio, Nicola… le loro storie senza risposta sono indicative di un passaggio epocale che la nostra società sta attraversando nel quale si accresce (anziché ridursi come avveniva nei decenni precedenti) il rischio che bambini e ragazzi indifesi non trovino risposte da parte del mondo degli adulti. Sono vari e diversificati i fattori che determinano questa enorme criticità. Per esigenze di brevità ne richiamiamo solo due dei più importanti: da un lato il crescente bisogno di accoglienza; dall’altro il ritorno di un diffuso senso di sfiducia nei confronti della tutela sociale. 

Cresce su tutti i fronti il bisogno di accoglienza e di solidarietà di bambini, ragazzi e famiglie in difficoltà... i processi di desertificazione delle relazioni di prossimità lasciano scoperte e prive di sostegno fasce di popolazione sempre più ampie. Aumentano su tutti i fronti le solitudini a cui la nostra società ci espone, con grave danno per le persone più deboli: anziani soli, persone con disabilità prive di supporti familiari, madri sole con figli minorenni, bambini e ragazzi con genitori in difficoltà, etc. 

Proviamo brevemente a vedere quanti sono i bambini e i ragazzi che hanno bisogno di accoglienza e di solidarietà. Guardiamo rapidamente alcuni dati generali. Iniziamo dai circa 13mila minorenni accolti nei servizi residenziali d’Italia.[1] Non tutti hanno bisogno di un trasferimento in affidamento familiare. Ma una parte, sì. E non è una porzione minima. Non vi sono dati ufficiali a questo proposito ma stimiamo che, a seconda dei territori e dei casi, la quota possa oscillare dal 20% all’80%. 

Rischio di abbandono istituzionale

Ma questa è solo la punta dell’iceberg. Quanti minorenni che avrebbero bisogno di essere accolti in affido familiare restano a casa loro? È interessante osservare che in Italia il “tasso di allontanamento minorile”, cioè il rapporto tra numero di minorenni fuori famiglia e numero totale della popolazione minorile, è nettamente inferiore a quello degli altri grandi Paesi Europei. Il tasso, infatti, è di quasi il 25% inferiore a quello spagnolo, è pari a soltanto la metà di quello inglese e ad 1/3 di quello francese e tedesco.[2] Lo scenario diviene ulteriormente preoccupante se consideriamo che alcune Regioni italiane sono ancora più giù. Ad esempio la Campania ha una incidenza pari alla metà di quella italiana.[3] 

Ferme restando le specificità sociali, culturali, economiche, istituzionali presenti nei diversi contesti nazionali, una tale marcata differenza ci spinge ad interrogarci sul rischio che vi siano in Italia ampie zone di bisogno sommerso non rilevato o, peggio, di bisogno rilevato ma non presidiato (cioè situazioni note ma lasciate a se stesse, da un colpevole abbandono istituzionale). 

E quanti sono i bambini e i ragazzi che avrebbero bisogno non di una accoglienza residenziali ma di un affiancamento diurno[4] da parte di adulti positivi? Beh, innanzitutto la totalità (o quasi) dei minorenni inseriti nei servizi residenziali. Ma si tratta di poca cosa rispetto al bisogno generale. Non abbiamo dati specifici ma alcuni numeri possono offrirci una indicazione dimensionale di massima: sono 450mila i bambini e ragazzi seguiti in Italia dai servizi sociali professionali.[5]Sicuramente a molti di questi farebbe un gran bene un affiancamento. E che dire dei 2,3 milioni di nuclei familiari con figli minorenni seguiti da un solo genitore?[6] 

Dopo Bibbiano… 

La parte più pericolosa del quadro, in questo scenario, caratterizzato come abbiamo visto da un aumentato bisogno di relazioni solidali e accoglienti, è il riproporsi, dopo decenni nei quali si è tentato – seppur con debolezza – di far avanzare la cultura e il sistema di welfare minorile e familiare, di un diffuso senso di sfiducia nei confronti della tutela sociale.

Le cronache di Bibbiano, diffuse dai media nazionali, ripropongono antiche denunce, a partire da quelle contro gli assistenti sociali e i giudici minorili, considerati “ladri di bambini”. Si grida contro il cd. “business dell’affido e delle case famiglia” e contro gli “affidi illegali”. In tutto questo la novità più preoccupante è la risposta di parte del mondo politico che, gettando benzina sul fuoco, cavalca la cronaca proponendo correttivi e punizioni. E non si tratta di voci isolate, tant’è che il Parlamento italiano nel luglio scorso ha approvato la legge di istituzione di una Commissione Parlamentare di Inchiesta per verificare la legittimità degli affidi, l’operato dei servizi, etc.[7] Il rischio è che si inneschi un “tutti contro tutti” del quale a pagare le maggiori spese saranno proprio i bambini, i ragazzi e le famiglie deboli.

Tanti sono i quesiti che si addensano e che lanciamo all’attenzione dei decisori politici, degli operatori sociali e di ciascun membro delle nostre comunità locali: come reagire a queste derive? Come assicurare che bambini e ragazzi bisognosi di accoglienza non restino privi delle necessarie risposte? Come favorire una rinnovata e positiva alleanza tra famiglie di origine, famiglie affidatarie, servizi sociali, magistratura minorile, amministratori politici, mass media… capace di evitare la palude antagonista verso cui sembrano inesorabilmente lanciati?




[1] Per la precisione sono 12.892, al 31.12.2017, come indicato dal Quaderno per la Ricerca Sociale n° 46 “Bambini e ragazzi in affidamento familiare e nei servizi residenziali per minorenni” pubblicato dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali (il Quaderno è scaricabile al link: urly.it/390w0)

[2] In dettaglio, i dati relativi al numero di bambini e adolescenti fuori famiglia di origine per 1.000 residenti di 0-17 anni sono pubblicati nel citato Quaderno n° 46 del Ministero del lavoro e delle politiche sociali: Italia: 2,8; Spagna: 4,4; Gran Bretagna: 6,1; Francia: 10,4; Germania; 10,5.

[3] In Campania il tasso di allontanamento è pari ad 1,6 minorenni fuori famiglia di origine ogni 1.000 residenti minorenni.

[4] Ci si riferisce a varie forme diurne che vanno dall’affidamento part-time, alla solidarietà familiare, dalla famiglia d’appoggio al supporto scolastico pomeridiano, etc.

[5] Il dato preciso, al 31.12.2013,dei minorenni seguiti dal Servizio sociale professionale è di 457.453 (cioè quasi 48 ogni mille minorenni residenti) come indicato dall’Indagine nazionale sul maltrattamento dei bambini e degli adolescenti in Italia, pubblicato dall’Autorità Garante nazionale per l’infanzia e l’adolescenza in collaborazione con il CISMAI e Terre des Hommes (l’indagine è scaricabile al link: urly.it/390x0)

[6] ISTAT, Annuario statistico italiano.

[7] Per maggiori approfondimenti sul tema si rinvia ad alcuni articoli pubblicati sul blog assistentesociale.eu: urly.it/390xb; urly.it/390xc; urly.it/390xd; urly.it/390xf.

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