Compassione ed empatia: conoscere per curare

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Compassione ed empatia: conoscere per curare

Praticità dell’azione: conoscenza e chiarezza delle emozioni. Empatia compassionevole. Curare gli altri: ascoltare sé stessi.

Saper indirizzare mente e cuore 

La comprensione del perché si agisce in un certo modo aiuta ad essere più consapevoli delle nostre azioni. Mente e cuore sono coinvolti nella nostra quotidianità e saperli indirizzare è fondamentale per non perdere il centro del nostro io. Sensibilità e riflessività conducono all’azione che è risposta alla cura del dolore. Per quanto scontati, certi fattori, occorre sottolinearli, questo ci aiuta a fare chiarezza nei nostri pensieri. 

«Il tempo impiegato per occuparci della cura del prossimo è un tempo speso nell’ascolto di noi stessi» 

Azioni di supporto emotivo 

Faccio bene a lasciarmi trasportare emotivamente fino a tal punto? E’ giusto se faccio così? Forse se avessi fatto diversamente sarebbe stato meglio. Devo separare la mia vita lavorativa da quella personale. Sono pensieri che spesso e volentieri affiorano la mente di chi, quotidianamente e non solo, affronta realtà difficili e la praticità dell’azione è quella più richiesta.  

Dubbi in merito a quale sia il giusto atteggiamento da assumere deriva dal fatto che non si possiede la giusta conoscenza né dei propri sentimenti e quindi del proprio essere e né di quello che ci sta intorno. Ciò porta insicurezza e indecisione, percepite di conseguenza nelle proprie azioni.  

Poche volte c’è chiarezza su come si chiama quella sensazione provocata in noi dal dolore dell’altro. Semplice empatia, compassione o l’essere di animo emotivo e delicato. Alimentare la conoscenza dà la giusta dose di consapevolezza di ciò che si sente in ciò che si sta facendo. La chiarezza delle emozioni permette di esprimerci nel miglior modo. Conoscere e, quindi, saper dare un nome alla sensazione che si sta provando, è utile per mettere in atto un'azione di supporto emotivo efficace nei confronti di chi ne necessita. 

Empatia o Compassione? 

In psicologia per “emozione” si intende la capacità di comprendere lo stato d’animo e la situazione emotiva di un’altra persona, senza necessità di ricorrere alla comunicazione verbale. L’emotività è per persone ad alto tasso di empatia; quest’ultima è quel sentimento che permette al soggetto di sintonizzarsi a ciò che gli circonda con ciò che registra. E’ acquisire un sentimento positivo, sé positivo e negativo, sé negativo. Ciò comporta anche il rischio di incorrere in situazioni spiacevoli e mettere in atto sentimenti sbagliati come la vendetta.  

La compassione è il sentimento di partecipazione alle sofferenze altrui. Il farsi carico del dolore dell’altro e alleggerire il suo peso emotivo. E’ riconoscere il dolore e sentire dentro il desiderio di curare quel dolore e di confortare quell’afflizione.  

Caratteristica distintiva della compassione è la riflessività. La riflessività fa in modo che l’emozione è tenuta dentro fino al punto in cui questa attiva un'azione equa. L’azione è l’atto di unione in cui si unisce la sensibilità degli empatici e la razionalità dei compassionevoli.  Un'empatia compassionevole è il motore dell’azione altruista perché c’è concretezza, ma ciò non toglie che il proprio vissuto non possa influenzare il sentimento a cui si vorrà dare maggiore spazio. In questo caso l’efficacia è osservare con sensibilità, non debolezza. 

Curare l’altro equivale ad ascoltare me stesso. 

Assistenti sociali, educatori, operatori sanitari, come ogni professionista, sono esseri umani e in quanto tali non sono esenti da delusioni, sconfitte, perdite e abbandoni. Ritrovarsi a confronto con un vissuto simile al proprio, non fa che renderci più forti. Schopenhauer affermava che la comune sofferenza permette il superamento del proprio dolore. 

Uno tra i tanti obiettivi che viene prefissato all’interno di comunità familiari ad esempio, è quello di aiutare l’altro a spogliarsi di ogni paura e insicurezza, ma noi l’abbiamo mai fatto? Spronare l’altro a fare qualcosa che noi, in primis dovremmo fare. Spesso questi retroscena di vita all’atto della compassione portano a stringere legami più forti. Il filosofo tedesco definiva la compassione una “virtù essenziale” aggiungendo che è nella compassione che è come se il singolo corpo del singolo uomo si dilatasse nel corpo degli altri umani.  

Il tempo impiegato per occuparci della cura del prossimo è un tempo speso nell’ascolto di noi stessi. Inconsciamente accarezziamo anche le nostre ferite e il dolore di queste va affievolendosi. Il vissuto di una persona, per quanto duro esso sia stato, non impedisce il predisporsi al dolore altrui anzi, può rendere un supporto affettivo e emotivo più resistente perché ha maggiore comprensione e condivisione.

Se sei interessato a raccontare la tua esperienza o le tue riflessioni di assistente sociale siamo lieti di pubblicare un tuo articolo sul nostro blog. Per maggiori informazioni contatta la dott.ssa Serena Vitale (redazioneblog@progettofamiglia.org)
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