La tutela dello Stato verso i minori: nuove frontiere di protezione e di rischio

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La tutela dello Stato verso i minori: nuove frontiere di protezione e di rischio

Assistente sociale: tutore di resilienza, lavoro in contesti emergenziali. Negligenza familiare e allontanamento del minore

Un diritto o una fortuna?

Quando parliamo del diritto del minore ad “avere una famiglia[1]”, potremmo, a primo impatto, pensare di alludere a qualcosa di scontato. Fino alle precedenti legislazioni del 1984, che non prevedevano il diritto dei minori a crescere all’interno del loro nucleo familiare, nascere e crescere all’interno di un buon contesto familiare non poteva che essere considerata una fortuna.

«L’allontanamento familiare del minore è un provvedimento che interviene solo in ultima istanza»

La soluzione limite

I più sfortunati, bambini abbandonati o bambini di strada, finivano per entrare negli istituti residenziali fino al compimento della maggiore età. Per ovviare alle situazioni di abbandono dei minori, di sfruttamento, che mettono a rischio la permanenza del minore in famiglia, il legislatore con la legge n.149/2001[2] sancisce il “diritto del minore ad una famiglia” conferendo allo Stato, alle Regioni e ai Comuni il dovere di aiutare i nuclei familiari disagiati al fine di evitare il più possibile l’allontanamento dal tetto familiare del minore, per garantirgli di vivere la serenità dei suoi affetti.

Diversamente rispetto a quanto si possa immaginare, causa l’errata comunicazione televisiva e giornalistica, l’allontanamento familiare del minore è un provvedimento che interviene solo in ultima istanza, quando tutte le altre ipotesi di intervento non possono essere operate: per questo che viene definita una “soluzione limite”.

La nostra Costituzione, tutela la vita privata delle famiglie inserendo all’interno del Codice Civile la possibilità di intervenire in situazioni d’urgenza che recano danno al minore per la sua permanenza in famiglia.

Con la legge n.149/2001[3] ci si avvia verso la chiusura degli istituti per minori, e si procede con l’ideazione di un nuovo contesto volto all’accoglienza dei bambini che per brevi o lunghi periodi devono essere allontanati dal loro nucleo familiare.

L’idea è quella di ri-creare un contesto di tipo familiare all’interno di una struttura gestita da operatori, specializzati, pubblici o privati: nasce così la Casa-famiglia.

Le principali caratteristiche che la contraddistinguono rispetto agli Istituti residenziali, sono:

1) Il ridotto numero di minori accolti;

2) La collocazione geografica dell’edificio nella zona centrale della città;

3) La presenza di una coppia centrale, spesso specializzata, che si occupa della casa, proprio per rispecchiare l’idea di famiglia.

Laddove sussistono condizioni di negligenza familiare, i Servizi segnalano al Giudice Tutelare la presenza delle problematiche attraverso le Relazioni Professionali che sono il prodotto di visite domiciliari, colloqui verbali e percorsi d’aiuto. Sarà il Giudice a decidere riguardo la permanenza o l’allontanamento del minore dal suo nucleo familiare.

La scelta di allontanamento non prevede l’immediata collocazione del minore all’interno di una comunità residenziale, bensì il Giudice seguirà questo ordine di preferenza:

1) Affido del minore a una famiglia con figli minori;

2) Affido del minore a una coppia;

3) Collocazione presso una struttura comunitaria e residenziale per minori che sia in grado di ri-creare il “calore di una famiglia”.

Le teorie scientifiche sull’importanza del legame di attaccamento

Negli ultimi decenni, si apprese, grazie alle ricerche scientifiche [4] condotte, l’importanza del legame emotivo e il bisogno del bambino in fase di sviluppo di essere e di sentirsi amato e protetto. 

Lo conferma John Bowly, attraverso gli studi condotti sull’organismo umano. Parte dal presupposto che il comportamento dell’essere umano è direttamente collegato ai sistemi omeostatici e ai sistemi cibernetici. Lo sviluppo psico-fisico dell’individuo è favorito dalle relazioni che quest’ultimo instaura con l’ambiente circostante.

I suoi interessi si focalizzarono sullo studio del legame forte e stabile, che l’individuo instaura con le persone che si prendono cura di lui, osservando il comportamento dei bambini che per lunghi periodi vissero l’esperienza di istituzionalizzazione od ospedalizzazione, i quali, privati dei loro affetti, non potevano neanche contare sull’aiuto di figure assistenziali.

Grazie alle ricerche condotte, arriva a elaborare la “Teoria dell’Attaccamento[5]”.

 

 


Note 

[1] Commissione Parlamentare per l’Infanzia, legge del 4 maggio n.184/83, Titolo I.

[2] Il titolo della legge 4 maggio 1983, n. 184, è sostituito dalla seguente legge 149/2001: «Diritto del minore ad una famiglia».

[3]   Sitografia: www.minori.gov.it. Un’indagine statistica condotta nel 1999 dall’ISTAT ha rivelato che, in quell’anno, in Italia, erano presenti 475 Istituti che accoglievano 10.626 minori. La legge 149/2001 si prefissa come obiettivo, quello di chiudere tutti gli Istituti per minori entro l’anno 2006.

[4] Franca Tani, “Le basi biologiche dell’attaccamento”, Università di Firenze, 2011.

[5] La Teoria dell’attaccamento di Jonh Bowlby, analizza il legame stabile che si crea tra il bambino e l’adulto di riferimento. Lo studioso scopre che l’infante tende riconoscersi ed a nutrire un forte sentimento verso la persona che si prende cura di lui, sia che essa sia la madre o un altro adulto.

 


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