Young caregiver: quando l’aiuto parte dai più piccoli

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Young caregiver: quando l’aiuto parte dai più piccoli

Giovani assistenti: i minorenni che si occupano di adulti in difficoltà. Impatto socio-emotivo subìto e ruolo dell’assistente sociale.

Una definizione 

Il termine caregiver, identifica persone accumunate dal dover prestare assistenza ad una persona a cui sono legatei. 

Con l’espressione young caregiver – in italiano “giovani assistenti” – si indicano, bambini e giovani fino ai diciotto anni che si prendono cura di un membro della famiglia, facendo proprie delle responsabilità normalmente appartenenti ad adulti.  

Disabilità fisica, sensoriale o mentale, malattie croniche, dipendenza da alcol o droghe: sono solo alcuni esempi di problematiche che possono portare un minorenne a fornire assistenza continua. 

All’interno di questo ampio tema, si collocano situazioni diverse tra loro: c’è chi è coinvolto a “tempo pieno”, occupandosi della persona e della casa; chi si occupa della gestione dei farmaci, altri dei fratelli più piccoli.  

«Il fatto che un giovane caregiver riesca a svolgere efficientemente i suoi compiti di cura, non deve essere usato per nascondere il suo bisogno di cura» 

L’impatto del lavoro di cura 

Va tenuto conto anche della componente emotiva, che può incidere fortemente su bambini e adolescenti caregiver. Per questo, è bene individuare quali sono gli elementi positivi e negativi del prestare assistenza. 

E’ necessario individuare strumenti e risorse per incrementare le attività di sostegno nelle famiglie più fragili in cui ritroviamo giovani caregiver.  

Dall’analisi di alcuni aspetti negativi, si può verificare: 

  • una difficoltà di concentrazione e/o un basso rendimento scolastico
  • una minore spensieratezza rispetto ai coetanei e meno tempo libero da dedicare al gioco o allo sport; 
  • dei conflitti con la persona assistita: dal senso di colpa se la si lascia sola, alla rabbia per dover svolgere tale lavoro di cura; 
  • dei problemi di salute, fisici ed emotivi, sugli stessi giovani caregiver; 
  • delle difficoltà economiche, dato che un genitore disabile ha meno possibilità lavorative. 

Tra gli aspetti positivi, invece, si può annoverare: 

  • l’orgoglio per il ruolo di assistenza ricoperto; 
  • i benefici di un ambiente familiare unito, dove ci si aiuta a vicenda; 
  • la possibilità di sentirsi motivati, capaci di gestire più impegni.  

Riconoscere che esistono anche degli aspetti positivi, però, non deve portare a sostenere un’assistenza potenzialmente inappropriata

Il fatto che un giovane caregiver riesca a svolgere efficientemente i suoi compiti di cura, non deve essere usato per nascondere il suo bisogno di curaii.  

Va rispettato il desiderio del ragazzo di volersi prendere cura di un proprio familiare, per quanto possa essere una scelta che porta con sé emozioni ambivalenti. 

Spesso, il problema non è cosa i giovani caregiver devono fare, ma come si sentono. È necessario un aiuto affinchè questi possano svolgere in maniera meno gravosa questo delicato compito.  

È importante pensare a delle strategie da mettere in campo, affinché le famiglie con difficoltà possano chiedere aiuto prima che scoppi una crisi che si ripercuote maggiormente sui più deboli tra i deboli.  

Quali soggetti coinvolgere? 

Nell’individuazione di queste figure, un ruolo essenziale è quello degli operatori sanitari. Nel momento in cui procedono alle dimissioni di un paziente con disabilità o altra malattia di lunga durata, non dovrebbero mai dare per scontato che ci sia un adulto a prendersi cura di lui.

Gli stessi insegnanti possono cogliere importanti segnali che indicano la probabile assistenza a un familiare: mancanza di concentrazione, stanchezza, assenze frequenti, partecipazione assente dei genitori a riunioni o eventi scolasticiiii.  

E il servizio sociale? 

Al servizio sociale spetta il compito di “aver cura di chi si prende cura”. Come? Il primo passo è l’analisi e la valutazione dei bisogni dei caregiver, tra cui: 

  • La possibilità di avere delle pause nel lavoro di assistenza, per riacquisire la forza e la volontà di ritornare ad assistere; 
  • Il bisogno di sostegno pratico nelle mansioni quotidiane; 
  • Il bisogno di informazione, in particolare sui servizi disponibili; 
  • Il bisogno di formazione, per accrescere le competenze nel lavoro di cura; 
  • Il bisogno di sostegno emotivo, la possibilità di parlare della propria esperienza di curaiv

Con riferimento ai caregiver più giovani, bisogna anche tener presente le esigenze scolastiche, prevedendo piani personalizzati che aiutino il ragazzo a conciliare i suoi impegni di studio e di cura. 

Bisogna anche attivare un rafforzamento della rete sociale, punto di partenza per la costruzione della sua identità, in quanto adolescente. 

 

Fonti 

  1. MARIA LUISA RAINERI, Linee guida e procedure di servizio sociale. Manuale ragionato per lo studio e la consultazione. Erickson, Trento, 2014, pg. 112. 
  2. CENTRO STUDI ERICKSON, Ascoltare i giovani caregivers: che cosa ci può insegnare l’esperienza inglese. 
  3. www.lavorosociale.com, “Papà ti aiuto io”. Il ruolo e le difficoltà degli young caregiver. 
  4. ARIA LUISA RAINERI, Linee guida e procedure di servizio sociale. Manuale ragionato per lo studio e la consultazione. Erickson, Trento, 2014, pg. 116. 

 


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