Come si trasforma la protezione umanitaria: il passaggio da un sistema aperto ad uno tipizzato

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Come si trasforma la protezione umanitaria: il passaggio da un sistema aperto ad uno tipizzato

Protezione umanitaria e internazionale. Individuazione di gravi motivi di carattere umanitario, conseguenze sull’abrogazione del permesso di soggiorno per motivi umanitari.

Cosa si intende per protezione umanitaria?

La protezione umanitaria si riferisce alla situazione giuridica dei cittadini degli Stati Terzi in posizione di irregolarità nel Paese d’ingresso, non rimpatriabili nel Paese d’origine. Essa costituisce una delle forme di attuazione del diritto di asilo costituzionale[1]. Tale forma di protezione rappresenta, dunque, il presupposto per la salvaguardia dell’intero sistema giuridico sulla condizione della persona immigrata. La clausola affonda le sue radici nella stessa Costituzione italiana (art. 2, 3 e 10) e nelle altre disposizioni internazionali che proteggono diritti e libertà fondamentali universali della persona.

«prima il permesso di soggiorno per motivi umanitari aveva durata biennale ed era convertibile in permesso di lavoro o per motivi familiari. Ora il permesso di protezione speciale ha durata di un anno rinnovabile, non convertibile in permesso per lavoro» 

Diversa dalla protezione internazionale

La protezione umanitaria, prima della sua abrogazione, era disciplinata dall’art 5, comma 6, T.U. D.lgs. N. 286/98, il quale prevedeva che non fosse consentito revocare o rifiutare un permesso di soggiorno in caso di seri motivi, in particolare di carattere umanitario  o  derivanti da obblighi costituzionali o internazionali dello Stato italiano. 

È importante richiamare l’art. 32, comma 3, del d.lgs. n. 25/2008, secondo il quale soltanto dopo aver negato il riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria, la Commissione territoriale è tenuta a valutare la sussistenza dei gravi motivi per cui riconoscere la protezione umanitaria. 

La giurisprudenza di legittimità, dal suo canto, ha chiarito come la portata della norma debba essere tenuta ben distinta dalla protezione internazionale laddove essa introduce una forma di protezione di carattere atipico che impone una valutazione individuale in relazione a motivi che vanno intesi come circostanze e fatti non irreversibili, che con il tempo possono invece mutarsi anche in senso favorevole per l’individuo. 

Come definiamo i gravi motivi di carattere umanitario?

Uno dei nodi centrali di questa tipologia di protezione è che ‘i gravi motivi di carattere umanitario’ non sono soggetti a tipizzazione. Tutto questo comporta una forte elasticità e discrezionalità nel valutare i casi in questione. 

Il decreto legge n. 113/2018 ha sostituto l’ipotesi generale della protezione umanitaria con una serie di specifici permessi di soggiorno. L’obiettivo è di ridurre, ovvero eliminare, gli ampi spazi di interpretazione estensiva consentiti dalla norma abrogata. 

Invero, con il decreto n.113/2018 il Governo ha voluto abrogare la protezione umanitaria proprio perché era quella maggiormente riconosciuta, contrariamente al carattere di residualità per cui era stata pensata. Il nuovo sistema prevede alcune fattispecie specifiche. 

Si parla infatti di permessi per casi speciali: si tratta di motivi di protezione sociale; casi di violenza domestica e di particolare sfruttamento lavorativo, casi che erano tutelati anche nella normativa precedente quali permessi di soggiorno per motivi umanitari. 

Dopo questa riforma la condizione giuridica della persona migrante è mutata. Se prima il permesso di soggiorno per motivi umanitari aveva durata biennale ed era convertibile in permesso di lavoro o per motivi familiari. Ora il permesso di protezione speciale ha durata di un anno rinnovabile, non convertibile in permesso per lavoro.

Quali sono le principali criticità del decreto n. 113/2018? 

Il passaggio da una previsione di carattere aperto, quale era quella su cui si fondava la protezione umanitaria, a un sistema di permessi di soggiorno tipizzati pone inoltre una delicata questione applicativa. L’assetto vigente non sembra infatti contemplare – almeno esplicitamente – alcune fattispecie che pacificamente rientravano nell’ambito dell’abrogata protezione umanitaria.[2]

Ancora, non è previsto uno specifico permesso per il caso in cui il rimpatrio comporti il rischio di inserimento in un contesto che può pregiudicare  in modo determinante i diritti fondamentali dello straniero, alla luce di una valutazione comparativa con il grado di integrazione sociale o i legami personali e familiari che egli ha sviluppato in Italia.

Occorre infine sottolineare come le norme abrogate prevedevano in modo espresso i presupposti e il contenuto di tale diritto e, dunque, lo assicuravano in modo certamente puntuale dal punto di vista giuridico, oltre che più favorevole cittadino extracomunitario[3].


[1] M.Acierno, La protezione umanitaria nel sistema dei diritti umani, in Questione Giustizia,2018.

[2] N. Canzian, la non retroattività dell’abrogazione della protezione umanitaria, in Osservatorio Costituzionale, 2020, p.395.

[3] N. Canzian, la non retroattività dell’abrogazione della protezione umanitaria, in Osservatorio Costituzionale, 2020, p.396.

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