Le sfide del Servizio Sociale tra identità professionale e politiche assistenzialiste

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Le sfide del Servizio Sociale tra identità professionale e politiche assistenzialiste

Professionalità, emergenza Covid-19 e carichi di lavoro. Servizio sociale, burocrazia e competenze relazionali.

Assistenza Sociale e misure urgenti in tempo di crisi

Reddito di Emergenza. Buoni spesa. Bonus Fitti. Bonus Fitti per Emergenza Covid. Bonus idrico di emergenza. Bonus Centri Estivi per bambini. Bonus vacanze. Bonus baby-sitter. Bonus per diversamente abili. Bonus per professionisti e lavoratori autonomi. Bonus per studenti. Bonus e ancora bonus. 

Un’ingente e nemmeno esaustiva varietà di misure ed interventi che stanno caratterizzando le politiche nazionali, regionali e locali di questa complessa fase storica; l’obiettivo dichiarato è quello di (provare a) fornire risposte all’imponente e sempre più preoccupante impatto socio-economico e occupazionale che l’emergenza sanitaria da Covid-19 ha inevitabilmente generato. 

Non vogliamo ora esprimere giudizi di valore sulla funzionalità e sull’opportunità di ognuno dei molteplici interventi adottati per la gestione sociale, occupazionale ed economica dell’emergenza. Ogni misura richiederebbe un’analisi approfondita e specifica, pur sempre intesa nel quadro generale. Ciò che è certo e che non possiamo fare a meno di osservare che la quasi totalità di queste misure sono di tipo riparativo e quindi cercano di fornire risposte immediate a bisogni urgenti e contingenti, generatisi in maniera improvvisa. 

«provare a rendere anche la misura più assistenzialista una possibilità di relazione, per un percorso ed un processo di aiuto, professionalmente inteso»

Professionalità, emergenza Covid-19 e carichi di lavoro 

Tra quanti di noi operano nei servizi sociali – intesi in senso ampio e contemplando i SSP degli Enti Locali, i SS delle AA.SS.LL. ed i molteplici servizi gestiti dal Terzo Settore – non manca e non è mancato spirito di abnegazione e sacrificio con cui abbiamo accolto la sfida della gestione dell’emergenza sociale, offrendo la nostra professionalità a servizio dell’emergenza e svolgendo una varietà di azioni in grado di garantire nel concreto la fruibilità di alcune di quelle azioni ritenute idonee dai vari livelli politici. 

Dal mese di Aprile di questo anno davvero difficile, nei Servizi Sociali Professionali abbiamo visto aumentare in maniera vertiginosa il livello già piuttosto gravoso delle difficoltà di gestione del carico di lavoro: smart-working, attivazione di procedure amministrative complesse, visite domiciliari con guanti e mascherine, colloqui telefonici o tramite plexiglass, gestione dell’accoglienza del pubblico per il tramite di appuntamenti, e così via. Per chi conosce le realtà territoriali locali, sa bene quanto sia stato e quanto sia tutt’ora difficile organizzare il Servizio Sociale; e quanto ancora lo sarà, considerato che la situazione emergenziale va prolungandosi nel tempo e le conseguenze e gli effetti di tutto ciò potrebbero aggravarsi nel lungo periodo. 

Se da un lato, infatti, la pandemia chiede al mondo che ha investito di convivere con il virus e adattare gli stili di vita adottando nuovi comportamenti a tutela di tutti, così anche sul piano del lavoro sociale chiede a tutti gli operatori un nuovo adattamento che non è per un breve periodo. Una sfida che possiamo fare nostra, utilizzando la skill professionale della creatività per gestire con modalità nuove e innovative l’operatività ordinaria e le relazioni con le persone. Ciò è possibile, molti gli esempi virtuosi, ed i risultati potrebbero perfino sorprenderci. 

Servizio sociale a rischio di burocratizzazione 

Ciò che non possiamo certamente permettere è che venga messa in discussione l’identità professionale del Servizio Sociale: negli ultimi 40 anni, abbiamo assistito e promosso anche in prima persona, a vere e proprie lotte che, con grande fatica, hanno cercato di affermare sul piano operativo quei principi di prevenzione, programmazione, accompagnamento all’autodeterminazione, valutazione, educazione, che caratterizzano la professionalità dell’Assistente Sociale e che restituiscono dignità circolare al cittadino e al professionista stesso. 

Il grande rischio è che la nostra professione possa essere svilita e in pochissimo tempo costretta ad un terribile salto all’indietro, quando le c.d. “dame della carità” fungevano da mere ed esecutive erogatrici di benefici assistenziali. Sebbene, da un certo punto di vista, svolgere il proprio lavoro attuando meri compiti esecutivi possa sembrare anche e subdolamente rassicurante, questa deriva rappresenterebbe certamente l’inizio della fine di una professione che ha avuto il grande merito di evolvere costantemente sul piano formativo e professionale, acquisendo competenze e skills multidisciplinari e trasversali, sostanziando il proprio operato con tecniche, modelli e metodi scientifici. 

Eppure quanti di noi, in questa fase, lavorano con la netta sensazione di operare come meri erogatori di benefits, la cui funzione principale sembra essere divenuta quella di verificare la regolarità formale e sostanziale degli atti amministrativi e/o delle richieste pervenute. Migliaia di richieste, numero esiguo di personale a disposizione ed ecco la distorsione: l’Assistente Sociale Case Manager dell’Ente Locale, capace di programmare e progettare in rete interventi e servizi per persone, famiglie e comunità, si trasforma ancora una volta in un burocrate amministrativo, ancorato ai procedimenti, agli atti da produrre, alle pratiche da verificare e controllare. Tutto questo appartiene comunque alla nostra professionalità, e va svolto con attenzione e responsabilità: ciò è fuori discussione. Ma anche in questi aspetti del lavoro, ed anche in questa fase di emergenza, la nostra professionalità ci chiede di ricentrare la bussola della nostra azione sempre sulla persona umana, non un numero, non una pratica.

Trasformare le misure assistenzialiste in possibilità di relazione 

Non vogliamo vendere qui dell’idealismo a buon mercato: centrare il proprio operato sulla persona nel sistema contemporaneo del nostro lavoro è e sarà sempre difficilissimo. In molteplici occasioni, sono anche gli stessi cittadini che preferiscono le soluzioni pre-confezionate, il beneficio economico: il percorso che porta all’autodeterminazione e all’autonomia è lungo e faticoso. Ma è proprio questa una delle nostre più importanti mission: affiancare le persone perché fuoriescano da una condizione di “dipendenza da” per divenire ciò che sono, scegliendo con consapevolezza per la loro vita. 

Se chiediamo questo ai cittadini in difficoltà, non possiamo evitare di chiedere a noi stessi di provare a rendere anche la misura più assistenzialista una possibilità di relazione, di aggancio, di alleanza per un percorso ed un processo di aiuto, professionalmente inteso. Una sfida complessa, in un sistema generale che appare sempre più al collasso: non ci resta che provare a fare la nostra parte, con tutte le energie che abbiamo a disposizione, per tenere bene a mente chi siamo e quali sono le finalità che muovono e sostanziano il nostro operato.


Se sei interessato a raccontare la tua esperienza o le tue riflessioni di assistente sociale siamo lieti di pubblicare un tuo articolo sul nostro blog. Per maggiori informazioni contatta la dott.ssa Serena Vitale (redazioneblog@progettofamiglia.org)
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