Rilanciare la propria vita: l’istituto della messa alla prova per i minorenni che commettono reato - PARTE II

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Rilanciare la propria vita: l’istituto della messa alla prova per i minorenni che commettono reato - PARTE II

Rilanciare la propria vita.Valutazione della personalità: messa alla prova. Fasi, risvolti educativi, sociali e operativi.

Costruiamo il progetto!

Il progetto di messa alla prova può essere inteso sia come processo che come prodotto utile ad adempiere ai bisogni di recupero del minorenne dal contesto deviante e rispettare le esigenze peculiari del ragazzo in età evolutiva.

Per avere una effettiva aderenza alla vita del ragazzo e registrare risultati positivi, il progetto viene steso dall’assistente sociale dell’USSM in cooperazione con i servizi territoriali (più consapevoli della situazione sociale del ragazzo) e il minorenne stesso. Una criticità nella stesura del progetto deriva dall’obbligo di adempiere alle disposizioni dell’autorità giudiziaria che definisce, in parte o nel complesso, i contenuti del progetto che ne possono limitare l’autonomia di realizzazione.

«Il progetto non è una scatola dai lati predeterminabili nei quali costringere il ragazzo [1]»

Adesso realizziamo…

La fase della realizzazione si apre con la presentazione del progetto di messa alla prova in udienza. In questo frangente viene stretto un patto fra minorenne e giudice: il primo si impegna a mettere in campo le proprie risorse per conseguire un vero e proprio cambiamento, il secondo dà la sua disponibilità a rinunciare a una condanna.

Lungo il percorso non mancheranno momenti di criticità in cui l’assistente sociale, con l’aiuto delle famiglie, deve garantire un supporto al ragazzo. È importante portare l’attenzione sul riconoscimento dei traguardi fino ad ora raggiunti, analizzare eventuali fallimenti e impiegarli come momenti di crescita.

Nel corso di questa fase le figure importanti che ruotano attorno al minore sono: gli assistenti sociali locali e ministeriali, che lavorano in stretto contatto intrattenendo rapporti con le organizzazioni del privato sociale, e la famiglia che rimane il contesto essenziale sul quale bisogna fare leva per la buona riuscita del progetto[2]. Se la famiglia non comprendesse o non condividesse il senso del percorso, allora diventerebbe un ostacolo al cambiamento.

Come sta andando?

Le verifiche in itinere, svolte in modo sistematico lungo tutto il percorso permettono di avere il controllo su alcuni aspetti salienti della prova, come: la percezione del minore sulle ricadute positive che ne stanno derivando, la qualità delle relazioni intrattenute nel suo ambiente di vita, l’adempimento dei compiti impartitigli, la tempestiva consultazione riguardo la sua volontà di spostarsi.

Com’è andata?

La conclusione del periodo di messa alla prova prevede la stesura di una valutazione finale necessaria per la decisione del giudice di estinguere o meno il reato.

È importante rendere noti alcuni aspetti sul vissuto del minore nei riguardi di questa prova e principalmente «…la sua rilevata adesione e volontà ad impegnarsi in un nuovo progetto di vita alla cui costruzione dovrà attivamente contribuire»[3].

A livello metodologico e operativo va tenuto ben presente che una integrazione “tenue” tra i servizi coinvolti finirebbe per ostacolare l’autorità giudiziaria che si troverebbe ad avere scarse o incomplete informazioni sulle quali dover predisporre la propria decisione. È per questo motivo che, sin dalle prime fasi, la collaborazione tra i servizi e tra questi e la famiglia rimane il carattere fondamentale per la riuscita della messa alla prova, tanto da influenzarne gli esiti.



Note:

[1] Ciaschini Ugo, Servizio sociale minorile e giustizia penale, Carcci editore, Roma, 2012, p. 181

[2] Ciaschini Ugo, Servizio sociale minorile e giustizia penale, Carcci editore, Roma, 2012, pp. 189-190

[3] Ciaschini Ugo, Servizio sociale minorile e giustizia penale, Carcci editore, Roma, 2012, p. 193


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