Dalla pandemia sanitaria alla pandemia sociale: quanto emerso dal rapporto Oxfam “Il virus della disuguaglianza” (parte II)

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Dalla pandemia sanitaria alla pandemia sociale: quanto emerso dal rapporto Oxfam “Il virus della disuguaglianza” (parte II)

Covid-19 e tendopoli di protesta: disagio e sovraffollamento abitativo. Disuguaglianze di istruzione: Dad e alfabetizzazione digitale. Fragilità psicologica: smarrimento e disorientamento.

Conseguenze naturali e non del Covid-19

La pandemia, sotto il punto di vista economico, ha comportato davvero tanti problemi: lavoratori dipendenti, indipendenti, autonomi hanno assistito alla sospensione, e molti alla perdita del loro lavoro. E a queste, che potremmo definire “conseguenze naturali” della pandemia e del lockdown, si sono aggiunti, abusi da parte dei datori di lavoro: cassaintegrazione, richieste immotivate di dimissioni, mancate retribuzioni, sostituzioni con lavoratori precari, irregolarità contributiva…  
Eppure, il rapporto “Il virus della disuguaglianza” ha ritenuto di non poter far riferimento solo alla dimensione reddituale per comprendere lo stato di disagio o di benessere vissuto dalle persone nel corso di questa epidemia, tanto che ha presentato una ricerca qualitativa sulle varie forme di vulnerabilità emerse dal lavoro dei Community Center e dalle riflessioni dei loro operatori nel corso dell’anno pandemico.

«Pandemia e vulnerabilità: due variabili direttamente proporzionate»

L’emergenza sociale

Il problema reddituale ed economico, dunque, è solo, una delle tante variabili entrate in gioco: l’emergenza sanitaria ha infatti coinvolto numerosi ambiti della vita delle persone. I fattori che entrano in gioco sono numerosi, tanto che i Community Center hanno registrato circa 25.000 accessi nel corso di questo difficile anno pandemico.
Molteplici sono le forme di disagio e di vulnerabilità, che le persone hanno dovuto fronteggiare, ed eterogenea è l’utenza che si è rivolta ai Community Center; elevati sono i divari economici ed estreme le condizioni di vulnerabilità e precarietà provocati dal Corona-virus: un’emergenza sanitaria tradottasi perfettamente in una emergenza sociale.

Il disagio abitativo durante la pandemia

Tra le varie problematiche, incentivate dalla pandemia, ricordiamo quella del disagio abitativo e del sovraffollamento abitativo. La problematica economica ha posto le persone dinanzi a difficoltà nel pagamento degli affitti e, alla difficoltà di coprire le spese si è aggiunta la poca comprensione da parte dei proprietari delle case che <<si sono rivalsi con violenza sugli assistiti che non potevano pagare l’affitto>> - come testimoniano alcuni operatori del centro di Napoli.

Emblematico è il Community Center di Torino, di cui 1/3 degli utenti era senza fissa dimora, e la pandemia non ha di certo agevolato la loro situazione; anzi, ha reso quasi inaccessibili i dormitori, le strutture di accoglienza e quelle di riparo. Tanto è vero che, la disperazione di queste persone, si è espressa in una “tendopoli di protesta” davanti ai palazzi dell’amministrazione comunale.

Così come, nei centri di Bologna e di Campi Bisenzio sono aumentate considerevolmente le richieste di supporto per la partecipazione ai bandi dell’edilizia residenziale popolare. Insomma come hanno affermato le operatrici di Milano, molte erano le persone «senza un tetto sopra la testa e senza un risparmio su cui contare».

Vulnerabilità educativa

La vulnerabilità educativa è un altro fondamentale vettore che si è andato ad acuire con la pandemia. Tutti i bambini sono stati costretti a modificare le loro abitudini: niente più scuola, niente compagni di classe, nessun contatto con le insegnanti… E questi non sono aspetti da sottovalutare, ma che anzi creano una rilevante distanza relazionale, e sappiamo quanto la relazione e il confronto collettivo siano fattori rilevanti nel percorso formativo.  

«Non andando a scuola si rischia di arretrare, financo smarrire la strada per il futuro», dicono gli operatori di Firenze. E così, insieme alle disuguaglianze economiche sono cresciute anche quelle di istruzione. Questo accade perché oltre i gap che generalmente ha comportato la DAD, se ne aggiungono ulteriori.

La situazione diventa ancor più complessa per coloro che presentavano già prima della pandemia lacune scolastiche, per non dimenticare coloro che vivono in condizioni di svantaggio e non godono della disponibilità di connessione alla rete Internet o di dispositivi tecnologici, quali computer o smartphone adeguati. Basti pensare che tra gli utenti del centro di Napoli, solo il 10% aveva un computer o una linea domestica, e la gran parte delle persone presentava un grado di alfabetizzazione digitale molto basso.

I risvolti psicologici della pandemia

Se inizialmente, questi cambiamenti in ambito scolastico sono stati vissuti con euforia dai ragazzi, col tempo hanno avvertito sempre più la pesantezza della situazione e ad oggi versano in uno stato di grande stanchezza.  

Per non parlare delle ancor più intense difficoltà riscontrate da quei bambini affetti da disagi psicologici, che si sono ritrovati in aula ma senza i loro compagni.  
Insomma, tutti questi cambiamenti hanno alimentato ancora un’altra forma di disagio, ovvero quello psicologico.  
Le persone sono state sottoposte a un gran numero di difficoltà, ad uno stravolgimento delle loro abitudini e ad un determinante isolamento sociale. Tutti questi cambiamenti hanno posto l’uomo in una condizione di fragilità psicologica, esponendolo ad un senso di smarrimento e disorientamento.

Se sei interessato a raccontare la tua esperienza o le tue riflessioni di assistente sociale siamo lieti di pubblicare un tuo articolo sul nostro blog. Per maggiori informazioni contatta la dott.ssa Serena Vitale (redazioneblog@progettofamiglia.org)
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