Legge di Bilancio 2021 e Assistenti Sociali (I parte)

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Legge di Bilancio 2021 e Assistenti Sociali (I parte)

L’informativa del Presidente del CNOAS e le richieste agli Ordini Regionali.

Legge di Bilancio 2021 

Con l’approvazione definitiva da parte del Senato, il 30 dicembre scorso, è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale la c.d. Legge di Bilancio 2021 (L. n. 178/2020) che offre un variegato carnet di novità fiscali, misure in materia di lavoro, bonus e agevolazioni per famiglie e imprese. 

Tra le novità, possiamo osservare un gruppo di commi (dal co. 797 al co. 804) che senz’altro investe positivamente il sistema dei servizi sociali, enfatizzando (così come sta nuovamente accadendo a partire dal fondamentale D.Lgs. n. 147/20171) quell’intelaiatura normativo-economico-finanziaria necessaria per poter finalmente consentire una seria ed omogenea struttura nazionale del Servizio sociale professionale, organizzata su piano locale.  

Premettiamo: visualizzeremo “pregi e difetti” di questo gruppo di commi che ci riguarda, ma occorre osservare il tutto assumendo la prospettiva di un risultato (che può divenire anche un buon punto di partenza) frutto di un importante lavoro di pressione politico svolto dal Consiglio Nazionale degli Assistenti Sociali; tutto può essere migliorato ed anche il lavoro svolto dagli organi deputati a certe azioni va valutato secondo impegno, reti di azioni e risultati ottenuti, ma – concediamoci questa riflessione – un grande merito che può essere riconosciuto all’attuale Consiglio Nazionale è l’aver sposato una modalità di lavoro con le rappresentanze politiche governative e non, che ha saputo vestire i panni dello stakeholder scientificamente e normativamente consapevole. Una modalità che è divenuta una vera e propria mission ontologica dell’Ordine stesso (che, così, supera antiche e stantie concezioni e modalità di agire) con la quale, chiunque intenda assumere ruoli in tal senso, dovrà necessariamente confrontarsi, riuscendo a tenere quanto meno lo stesso livello.  

«Finalmente consentire una seria ed omogenea struttura nazionale del Servizio sociale professionale» 

Un passo in avanti 

Un deciso passo avanti sul fronte delle politiche sociali” -  così lo definisce il Presidente degli Assistenti Sociali, Gianmario Gazzi, che il 4 gennaio ha trasmesso agli Ordini Regionali l’informativa che riportiamo in allegato.  

Analizzando in maniera sinottica il complesso quadro normativo, ma facendosi anche aiutare dall’informativa prodotta dal CNOAS, possiamo osservare che, al fine di potenziare il sistema dei servizi sociali comunali (gestiti in forma singola o associata) e i servizi di cui all’Art. 7, co. 1 del già citato D.Lgs. 147/20172, la Legge di Bilancio innanzitutto sottolinea nuovamente la necessità di realizzare il livello essenziale del rapporto di un assistente sociale assunto per ogni 5.000 abitanti residenti, ma definisce anche un ulteriore obiettivo di servizio (sempre in un rapporto tra aa.ss. impiegati nei servizi sociali territoriali e popolazione residente) pari ad 1 a 4.000. 

E lo fa riservando fino a 180 milioni di € annui a valere sul Fondo per la lotta alla povertà e all’esclusione sociale, da utilizzare per attribuire agli ambiti territoriali contributi annuali – che assumono la connotazione della premialità – di 40.000 o 20.000 € (a seconda del rapporto che si persegue: 1 a 5mila o 1 a 4mila) per ogni assistente sociale assunto a tempo pieno e indeterminato. Un aspetto, anche quest’ultimo, di cui tenere estremamente conto: se con il D.Lgs. 147/2017 si avviò un discorso assunzionale basato sul tempo determinato, con la Legge di Bilancio, il legislatore riconosce a livello essenziale del SSP anche la connotazione temporale della continuità del lavoro sociale, che sappiamo bene quanto sia fondamentale per il lavoratore, ma anche per la persona che potrà essere aiutata in un percorso che non vede improvvisi vuoti di operatori a cui non viene rinnovato il contratto di lavoro. 

Per accedere a questi contributi (suddivisibili anche per i Comuni che versino in dissesto o predissesto finanziario), gli Ambiti Territoriali dovranno inviare (anche per conto dei Comuni appartenenti allo stesso), entro il 28 febbraio di ogni anno, al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali un prospetto riassuntivo che indichi in riferimento all’anno precedente e alle previsioni per l’anno corrente il numero medio di assistenti sociali (a tempo pieno e indeterminato) in servizio nei Comuni dell’Ambito o direttamente in Ambito, impiegati nei servizi territoriali, indicando anche l’area di attività degli stessi.  

Assunzioni a tempo indeterminato 

A rendere concretamente interessante il discorso sono i commi 801 e 802; il primo innanzitutto definisce che, in deroga ai vincoli di contenimento della spesa di personale, i Comuni – per il potenziamento dei servizi sociali, a valere sulle risorse del Fondo Povertà e nel limite delle stesse - possono effettuare assunzioni di assistenti sociali, con rapporto di lavoro a tempo indeterminato, nel limite dei vincoli assunzionali e fermo restando il rispetto degli obiettivi del pareggio di bilancio.  

Ciò, in sostanza, significa che Comuni e/o Comuni associati in Ambiti, potranno utilizzare le risorse messe in campo per assumere assistenti sociali a tempo indeterminato, e lo potranno fare – ai sensi del co. 802 – indicendo procedure concorsuali e riservando fino al 50% dei posti disponibili al personale assistente sociale che, successivamente al 28.08.2015, risulti (o sia risultato) in servizio con contratti a tempo determinato presso l’amministrazione che procede all’assunzione (ma anche altre amministrazioni per lo stesso profilo a.s.) e che abbia maturato – al 31 dicembre 2020 – almeno 3 anni di servizio, anche non continuativi. 

Quest’ultimo comma delinea di fatto la possibilità di utilizzare queste risorse per avviare un primo discorso di stabilizzazione di quegli assistenti sociali c.d. precari aventi i requisiti su descritti. Parliamo, chiaramente, anche di quei colleghi assunti per il contrasto alla povertà (Pon Inclusione, ecc.) che sono stati impiegati a partire dal 01.01.2018; ma anche dopo se, nella stessa amministrazione (o in altre amministrazioni con medesime attività svolte, ossia sempre profilo a.s.), ha svolto impieghi a tempo determinato ed il computo totale sia di almeno di 36 mesi al 31.12.2020. 

Alcune criticità 

Pur consapevoli di quanto detto in precedenza, e quindi tenendo bene a mente il valore di questo primo passo verso una seria strutturazione dei servizi sociali locali, occorre anche riflettere su alcune criticità che emergono dal dettato normativo. Con tutta probabilità, gli aa.ss. assunti a seguito del D.Lgs. 147/2017 confidavano in un intervento normativo che garantisse la continuità del lavoro mediante una stabilizzazione tout court di questa ingente parte di colleghi che, di fatto, anche in piena pandemia, hanno garantito livelli minimi di assistenza sui territori presso i quali operavano, sostenendo un carico lavoro sempre crescente ed una domanda di bisogno sociale (a tutti i livelli: socio-economico, socio-culturale ed educativo, socio-ambientale, ecc.) che si leva sempre più come un grido collettivo disperato. L’intero sistema dei servizi si è retto grazie a questi colleghi e grazie a loro, molti enti hanno potuto fornire risposte che diversamente non sarebbero arrivate ai cittadini: è bene dirlo con forza. Sarebbe bene fosse anche riconosciuto a livello di government locale e nazionale. 

È chiaro però che l’aspirazione di un’opportuna stabilizzazione dei colleghi che garantiscono livelli e funzioni locali essenziali trova sempre difficoltà di realizzazione, soprattutto se consideriamo i tempi e la normativa in materia economico-assunzionale non sempre derogabile in tutti i suoi aspetti; tuttavia le azioni avviate sembrano posizionarsi sulla giusta direzione e possiamo portare a casa intanto la possibilità di dar spinta a nuove procedure (a tempo indeterminato a questo giro); ed ancora la possibilità di riservare il 50% di posti ai tantissimi colleghi che negli ultimi decenni hanno collezionato contratti a tempo determinato e magari ora hanno i requisiti citati. “Mica poca roba” – si direbbe in gergo – soprattutto se si considera che tale modalità potrebbe (il condizionale è sempre d’obbligo, ma resta di fiduciosa speranza) rinnovarsi di anno in anno, con i colleghi che via via acquisiscono quei requisiti utili alla stabilizzazione. 

Altre difficoltà le potremmo registrare guardando al meccanismo premiale, sempre più utilizzato per consentire alle PP.AA. di disporre di ulteriori risorse finanziarie: di fatto, gli Ambiti e i Comuni che non hanno ancora raggiunto standard medio né di 1 a 5000 né di 1 a 4000 potranno provvedervi, magari prevedendo (laddove vincoli, pareggi di bilancio, tempi di preparazione e predisposizione concorsuale, lo consentano – e ciò è piuttosto complesso!) assunzioni, prenotando le somme che però si riceveranno solo nelle annualità successive. Insomma, se è vero che nella P.A. occorre favorire un’operatività virtuosa, è pur vero che in questo modo si rischia aumentare il divario tra quei territori che già hanno raggiunto standards elevati, ed altri che pur volendoli raggiungere non riescono perché partono con un rilevante gap. È una preoccupazione anche di matrice meridionale, considerato che alcune Regioni del sud-Italia vedono aree in cui i sistemi di servizi sociali risultano addirittura inesistenti.  

In Campania, negli ultimi anni, la Regione sta stimolando con sempre maggiore energia gli Ambiti e i Comuni associati in Ambiti ad utilizzare una forma di governance diversa dalla classica forma associativa della Convenzione (ex art. 30 TUEL), che adotti piuttosto la forma di gestione associata dei servizi alla persona qual è l’Azienda speciale (ASP). Al di là dei diversi limiti organizzativi che potrebbero essere superati con il ricorso a tale forma di gestione associata, essa consentirebbe anche una più snella organizzazione in materia di assunzione del personale, e pertanto – nella logica complessiva del presente discorso – garantirebbe una maggiore facilità di accesso a queste risorse utili a garantire il livello essenziale e il nuovo obiettivo di servizio di 1 a 4.000. 

Più numerosi e più stabili 

Estremamente esaustiva appare la tabella riportata in seconda pagina dall’informativa del CNOAS, che riporta i dati numeri (aggiornati dal mese di Ottobre 2020) degli aa.ss. operanti negli EE.LL. (circa 12mila su 40mila iscritti all’albo); un dato che però non specifica le differenze contrattuali (cioè se a tempo determinato o indeterminato) e forse nemmeno registra il numero (che pure sembra congruo) di colleghi che lavorano di fatto per gli enti locali, ma dipendenti di ETS a cui vengono esternalizzati i servizi socio-assistenziali. Laddove però si riuscisse nell’impresa (resta tale) di raggiungere il livello essenziale del rapporto di 1 a 5.000, potremo avere 12mila colleghi negli EE.LL. tutti con contratto a tempo indeterminato, con incrementi anche quantitativi nelle Regioni con una densità abitativa maggiore (Campania da circa 700 aa.ss. a circa 1200 aa.ss | Lazio da 750 a 900 | Sicilia da 800 a 1000). Ed i numeri chiaramente migliorano con il raggiungimento dell’obiettivo di servizio (1 a 4000) con incrementi significativi di colleghi assunti negli EE.LL. anche per le Regioni che rispettano il livello essenziale di 1 a 5mila (Lombardia, Emilia Romagna, Friuli V.G., Liguria, Marche, Piemonte, Sardegna, Trentino A.A.).  

In conclusione, l’informativa del CNOAS si focalizza su due passaggi che possiamo ritenere importantissimi: in primis, è da salutare con estrema positività l’intenzione di acquisire un “autorevole parere giurisprudenziale” sugli eventuali profili di responsabilità per interruzione di pubblico servizio di quelle amministrazioni che non rispettano il livello essenziale sostanziato nel rapporto di 1 assistente sociale ogni 5.000 abitanti residenti. In Campania molti ricorderanno che insieme ad altri colleghi abbiamo creato e promosso in tempi non sospetti (dal 2018 circa), la campagna di advocacy “Da Nessuno, ad uno a Cinquemila!”, affidando al CROAS Campania lo strumento che è stato anche condiviso con il CNOAS, e che sosteneva (e sostiene ancora) questa tesi di partenza. 

Ma ancora, è da applaudire il caldo invito ai CROAS sollecitati ad esercitare le opportune pressioni a livello locale (Comuni e Regioni), avviando tavoli di confronto anche con le rappresentanze sindacali territoriali, perché la Legge non resti solo su carta.

Se sei interessato a raccontare la tua esperienza o le tue riflessioni di assistente sociale siamo lieti di pubblicare un tuo articolo sul nostro blog. Per maggiori informazioni contatta la dott.ssa Serena Vitale (redazioneblog@progettofamiglia.org)
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