Genitori e figli: come recuperare il rapporto tra abusante e abusato? (parte IV)

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Genitori e figli: come recuperare il rapporto tra abusante e abusato? (parte IV)

Abusato e abusante: rapporto ambivalente e dissociazione. Rete familiare significativa. Assistenti Sociali e psicologi a confronto.

-Parlando della terapia, è possibile secondo lei che ci possano essere delle effettive possibilità residue del genitore abusante di riassumere un ruolo affettivo nei confronti della vittima? Questo potrà riprendere un ruolo parentale significativo? 

Facendo riferimento alla mia esperienza, ho avuto modo di vedere persone con un rapporto ambivalente con la figura abusante: da una parte il timore di perderla perché è, comunque, una figura di riferimento anche crescendo, però dall’altra cercavano di evitarla.  

Vi è una sorta di dissociazione, da una parte la persona abusata sa che è il padre/madre e sono le persone con cui ha convissuto, sono le sue radici però al tempo stesso quegli elementi intrusivi, quei ricordi che alle volte subentrano nella persona effettivamente riportano al trauma. Vi è un atteggiamento ambivalente e questo dipende anche dai momenti: ci sono persone che crescendo mantengono un rapporto ambivalente con la figura abusante e altre che dimenticano tutto, come se non avessero subito nulla. 

«Non è detto che la persona che ha subito violenza possa mettere in atto atti violenti, il tutto però dipende da come lui elabora l’accaduto e da come ha reagito» 

-È possibile che un’insegnante riesca ad individuare dei segnali di violenza o di abuso attraverso l’attività scolastica (esempio: fallimento scolastico, gesti autolesivi o comportamenti violenti ed aggressivi del bambino)? 

Nei contesti scolastici si può capire tanto, quando i bambini vanno a scuola portano lì il loro malessere, pertanto potrebbero esserci dei segnali.  Essi vengono percepiti solo a patto che ci sia una continuità con gli insegnanti, questa favorisce una visione d’insieme del bambino. Oggi il versante scolastico sta cambiando, gli insegnanti cambiano di anno in anno.  Le scuole, inoltre, hanno sempre molta paura nel dichiarare ma è un loro dovere denunciare possibili maltrattamenti.  

Pertanto sarebbe necessaria la presenza di assistenti sociali, in maniera maggiore e incisiva nel monitoraggio, oltreché la presenza di psicologo, pedagogista e altre figure professionali. Tutto questo, nelle scuole non si realizza perché purtroppo il budget è carente e le risorse spesso vengono impiegate per altro. 

-Secondo lei, i casi di abuso non conclamato ma di rischio di abuso sono facilmente o difficilmente individuabili?  

Dipende, ci sono bambini che manifestano disagi significativi e altri no. O è colto in flagrante di reato o il bambino presenta una psicopatologia significativa, però non è così scontato perché i bambini possono negare e in questi non è facile cogliere le sfumature di abuso. È molto difficile; spesso anche chi commette i reati tende a negare.  

-Quali interventi si possono attivare nei confronti degli altri componenti familiari in particolare i fratelli della vittima?  

Sicuramente importante è il ruolo dell’assistente sociale che cerca di creare una rete significativa, mentre lo psicologo si occupa del versante psicoterapeutico - familiare, cioè lavora sull’aspetto affettivo, sui legami.  Sul versante di un intervento specifico sulle relazioni, bisogna lavorare con il nucleo familiare cercando di coinvolgerlo perché se ha colluso con un elemento violento deve lavorare su queste dinamiche, su questo vissuto e far tessere quella comunicazione e condivisione. Il rapporto tra fratelli è fondamentale, dà il senso dell’appartenenza; il bambino che è stato violentato può dimenticare parti della sua vita che un fratello può aiutare a ricordare.  

-Lei ha svolto la ricerca “Costruire con le narrazioni il sé e l’azione, lo strano caso dei pedofili e la controversia responsabilità”; ritiene che gli abusi e le situazioni di violenza intra familiare possano determinare nell’abusante gli stessi meccanismi di disvalore dell’azione commessa che si verificano nel pedofilo?  

Non è detto che la persona che ha subito violenza possa mettere in atto atti violenti, il tutto però dipende da come lui elabora l’accaduto e da come ha reagito. Ci sono persone che nonostante il trauma subìto possono avere delle difficoltà ma riescono a dare un senso alla propria vita, altre che possono identificarsi nel proprio carnefice e mettere in atto comportamenti di violenza. 

Sicuramente il lavorare con queste persone che hanno subìto violenza può fare la differenza, però dipende dall’età del bambino abusato. Dipende dai bambini, quindi, un po’ come la violenza, non è detto che la persona che ha respirato violenza possa altrettanto diventare violenta. Potrebbe ma non è detto.  

-Durante il trascorso periodo di lockdown sono fortemente aumentati i casi di violenza domestica, quali azioni di prevenzione potrebbero essere considerate un valido aiuto per minori e donne coinvolti?  

Durante il lockdown tutti ci siamo ritrovati dentro casa, è difficile soprattutto per le famiglie conflittuali che non hanno opportunità di uscire e si ritrovano sempre vicini. Durante il periodo di lockdown, come è stato detto da tanti professionisti, è necessario condurre uno stile di vita normale in una situazione che è anormale e bisogna per quanto possibile, ripristinare una normalità. Dedicandosi a diverse attività, interessi come hanno consigliato in tanti: creare una nuova organizzazione in famiglia, dei diversivi, combattere i momenti di noia. Continuare la normalità, riscoprire le relazioni, ripristinare e creare nuove relazioni familiari, creare nuovi momenti.  

 

 

 


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