Genitori e figli: come recuperare il rapporto tra abusante e abusato? (parte II)

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Genitori e figli: come recuperare il rapporto tra abusante e abusato? (parte II)

Assistenti Sociali e psicologi a confronto. Sintomi post traumatici da stress. Cooperazione e interdisciplinarità.

- Le situazioni di violenza si verificano maggiormente in contesti famigliari che possiamo definire multiproblematici?  

Io credo che sicuramente contesti complessi e multiproblematici influiscano perché parliamo di compresenza di disagi psicologici, sociali e non solo. Qui entrano in campo le diverse figure professionali (assistenti sociali, psicologi, neuropsichiatri, interventi con le forze dell’ordine, ecc). 

In questi contesti sono presenti dei fattori di rischio: figure genitoriali con problematiche di alcolismo che possono determinare situazioni caratterizzate da scarso controllo, coppie fragili con problemi di dipendenza, senza lavoro, con problematiche psichiatriche e nel contempo sociali. In questi casi ha più valore un primo intervento dei servizi sociali, che permettano al soggetto un reinserimento sociale e di rete nel contesto, piuttosto che psicologizzare dato che non si hanno delle basi da cui partire. Dando un senso alla risposta, sicuramente l’aspetto multiproblematico potrebbe essere uno dei fattori di rischio dell’abuso e della possibile violenza.  

«La difficoltà nell’interdisciplinarità è rispettare il confine dell’altro; è bene sapere chi fa cosa e tenerlo in mente» 

- Ci parli, in base alle sue esperienze, di quelli che sono i sintomi post-traumatici da stress.  

È una reazione che si può scatenare nel bambino e ci sono dei criteri che sono elencati nel DSM5. Più che specificare nel dettaglio i criteri io vorrei dire che questi sintomi post-traumatici da stress comprendono: l’intrusività di pensieri persistenti che si ripercuotono nella mente del bambino, tutto ciò che il bambino può manifestare in merito al trauma subito, amnesia, evitamento di qualcosa che lui associa a quell’evento pur se a volte può non essere consapevole di questa cosa (ad esempio ha paura di un luogo ma non ricorda da dove questa nasce), disturbi associativi ecc… Inoltre, questi sintomi si possono manifestare attraverso disturbi della condotta, disturbi di personalità, disturbi sul versante sessuale ecc.  

Dal momento in cui subisce questo trauma possono nascere delle reazioni ma non è detto che siano sempre istantanee e se non ci sono degli interventi efficaci sul trauma nel bambino si possono determinare altre problematiche che si ripercuoteranno sulla propria esistenza.  

All’inizio del trauma questi sintomi possono manifestarsi estremamente: il bambino potrebbe non riuscire nemmeno a vivere la propria socialità, la propria quotidianità, può perdere il contatto con la realtà, può avere sintomi dissociativi, ansiogeni… dipende. Questi criteri nella realtà spesso potrebbero coesistere con più aspetti. 

Una delle tante modalità d’intervento è quella di lavorare sul trauma in sé con degli specialisti, perché molto spesso c’è un forte distacco emotivo e il bambino non è completamente presente a sé stesso, perde l’aspetto empatico in quanto violato nella sua integrità. Dare un senso al trauma e a ciò che è accaduto potrebbe essere molto efficace. 

È importante dire che non basta solamente l’intervento nel campo psicoterapico ma è fondamentale anche la compresenza di altre figure professionali. La delicatezza negli interventi è quasi chirurgica ed è importante che questi si basino sulla volontà della vittima di farsi aiutare. Io punterei su una cultura della prevenzione creando delle situazioni migliori, quindi, bisogna prevenire perché intervenire subito non è facile!  

- Secondo lei, la figura dell’assistente sociale ricopre un ruolo determinante per la ricostruzione dei legami familiari anche in queste situazioni? 

Secondo la mia esperienza la cooperazione tra varie figure professionali è fondamentale soprattutto nei casi di famiglie multiproblematiche. Quando ci sono delle professioni che si confondono, per la buona riuscita del progetto e per supportare efficacemente le persone e i nuclei in difficoltà, occorrono rispetto e confini ben chiari (ruoli ben definiti anche nella collaborazione) altrimenti diventa un disastro e il più delle volte i casi si perdono.  

La difficoltà nell’interdisciplinarità è rispettare il confine dell’altro; è bene sapere chi fa cosa e tenerlo in mente. Pormi in una situazione d’ascolto e imparare dall’altra professione, non prevaricare sull’altro per evitare che si dimentichi il vero obiettivo: aiutare le persone che si rivolgono a noi!

Se sei interessato a raccontare la tua esperienza o le tue riflessioni di assistente sociale siamo lieti di pubblicare un tuo articolo sul nostro blog. Per maggiori informazioni contatta la dott.ssa Serena Vitale (redazioneblog@progettofamiglia.org)
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