Covid-19. La carica virale della violenza di genere

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Covid-19. La carica virale della violenza di genere

Covid, centri antiviolenza e servizio sociale. Interventi: messa in sicurezza, accoglienza delle donne, protezione immediata, prestazioni essenziali, ricucire le ferite.

Misure preventive e fattori di rischio

La pandemia ha determinato un incremento dei casi segnalati di violenza di genere e di violenza domestica. I centri antiviolenza e i servizi sociali hanno continuato a garantire durante questa lunga fase di emergenza sanitaria, con uno sforzo eroico, ogni utile e possibile intervento per tutelare le donne vittime di maltrattamento e in condizione di pericolo. I dati ci dicono che il 75% dei contagi da Covid sta avvenendo nelle mura domestiche, nelle stesse mura però avviene anche il 95% degli episodi di violenza di genere e violenza assistita sulle donne. La pandemia e le necessarie misure normative e preventive orientate a contrastare attraverso il distanziamento interpersonale la diffusione del virus,  purtroppo hanno amplificato anche i fattori di rischio in ambito domestico per donne e minori che vivevano pregresse condizioni di vulnerabilità.

«I dati ci dicono che il 75% dei contagi da Covid sta avvenendo nelle mura domestiche. Nelle stesse mura domestiche avviene anche il 95% degli episodi di violenza di genere e violenza assistita sulle donne»

I dati ISTAT

Il numero delle chiamate sia telefoniche, sia via chat nel periodo compreso tra marzo e giugno 2020 è più che raddoppiato rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (+119,6%), passando da 6.956 a 15.280. Sono, invece, diminuite le chiamate fatte per errori non intenzionali (703) e per errori voluti, quelle fatte per scherzo (3.585) o semplicemente per molestare (766), volte a denigrare la funzione di aiuto e supporto del 1522. 

La crescita delle richieste di aiuto tramite chat è quintuplicata passando da 417 a 2.666 messaggi. Accanto alla richiesta di aiuto da parte delle vittime di violenza (4.899 chiamate pari al 32,1% del totale delle chiamate valide) crescono anche le chiamate per avere informazioni sulla tipologia di servizi offerti dal 1522 (3.655 pari al 23,9%). 

Il numero verde, durante il periodo di lockdown, ha fornito informazioni e consulenze anche a diversi ed eterogenei necessità di aiuto indicando numeri utili di supporto sociale e psicologico (2.979 pari al 19,5% del totale), a testimonianza della funzione di “vicinanza” che questo servizio ha erogato in un particolare momento di crisi. Mentre il 77,2% delle vittime è stato inviato ad altri servizi.[1]

La rete degli interventi

Diverse sono state le azioni a livello nazionale e locale per le quali è stata garantita la continuità o interventi di implementazione. Il numero verde 1522 per il contrasto alla violenza di genere e allo stalking ha garantito un servizio continuativo anche attraverso una app. Il servizio è stato pubblicizzato anche grazie  a una iniziativa di poste italiane. 

Il Consiglio dei Ministri ha inoltre varato un finanziamento straordinario per gli interventi urgenti per il sostegno alle misure adottate dalle case rifugio e dai centri antiviolenza. La Federazione Ordini dei Farmacisti, Federfarma e Assofarm per potenziare l’informazione per le donne vittime di violenza domestica e/o stalking durante l’emergenza coronavirus ha sottoscritto un protocollo con la Presidenza del Consiglio dei Ministri e con il Ministero delle pari opportunità. Le linee guida informative sono state rese disponibili con un volantino distribuito nelle farmacie (1 aprile 2020).

Messa in sicurezza delle donne vittime di violenza 

I servizi sociali e la rete antiviolenza hanno garantito in questo complesso periodo di emergenza sociosanitaria  l’accoglienza alle donne che necessitano di protezione immediata, pur nel rispetto di tutte le prescrizioni igienico-sanitarie previste per il contenimento dell’epidemia. Sono state individuate soluzioni abitative per l’isolamento fiduciario in grado  di superare le gravi difficoltà in cui si trovano le donne e gli eventuali figli.

Le operatrici delle Case rifugio hanno garantito alle donne accolte le prestazioni essenziali, nel rispetto delle norme di sicurezza previste per il contenimento del contagio, che, temporaneamente, precludono i nuovi inserimenti programmati nelle Case rifugio di prima e seconda accoglienza. 

La Messa in protezione delle donne vittime di violenza sole o con figli  nei casi in cui, in seguito a denuncia, non sia stato disposto l’allontanamento dell’uomo maltrattante ha reso necessario, da parte della rete dei servizi, la ricerca di soluzioni alterative di accoglienza della durata di almeno 14 giorni, avendo cura di garantire la massima riservatezza e sicurezza, anche con il coinvolgimento dei Sindaci e degli enti e delle associazioni del settore, attraverso il reperimento di sistemazioni alloggiative ulteriori rispetto a quelle già offerte dai territori . In tal senso il decreto-legge 17 marzo 2020, n. 17, consentiva ai Prefetti “requisizioni in uso, anche temporaneo, di immobili per ospitare le persone in isolamento fiduciario o in permanenza domiciliare qualora tali misure non possono essere attuate presso il domicilio della persona interessata”. 

Nessuna interruzione durante il lock down

In questa delicata fase è emerso il ruolo nevralgico dei CAV per i quali con una Faq il Ministero dell’Interno evidenziava, già con una faq del 19 marzo 2020, il carattere di servizio di pubblica necessità “servizi strumentali al diritto alla salute o altri diritti fondamentali della persona” non soggetto pertanto ad interruzioni nell’erogazione del servizio. 

La grande comunità delle operatrici sociali, chiamate ogni giorno a uno sforzo coraggioso e creativo per proteggere e mettere in sicurezza crede nel potere dei legami, quelli sani, quelli in grado di ricucire le ferite di un’intera comunità.


[1] Fonte istat https://www.istat.it/it/violenza-sulle-donne/speciale-covid-19



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