Come si vive il burnout? - Parte I

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Come si vive il burnout? - Parte I

Situazione di malessere emotivo personale. Deteriorramento dell’impegno, deterioramento delle emozioni, problemi di adattamento.

Quando il contesto lavorativo diventa stressante

Quando parliamo di burnout, in linea generale, intendiamo una situazione di disagio personale e di malessere emotivo, vissuta da un soggetto derivante da una condizione di stress logorante e durevole nel tempo, associata per lo più al contesto lavorativo. Tale situazione conseguentemente determina il deterioramento dell’impegno lavorativo e delle emozioni vissute da ognuno, che porta il soggetto a mettersi in discussione rispetto al proprio contesto lavorativo.

«Non ce la faccio più!»

Cosa è il burnout?

Il termine burnout deriva dall’inglese “burn out”, letteralmente bruciato o esaurito; indica dunque una sorte di “esaurimento” lavorativo a causa del quale il soggetto (in questo caso il lavoratore) si sente lavorativamente stanco, arrivando addirittura al punto di pensare di “non farcela più”[1], di non poter più sostenere quel relativo contesto, e conseguentemente si sente deluso, indebolito, frustrato e sovraccaricato dalla routine lavorativa quotidiana.

Va dunque a costituire una vera e propria sindrome che si manifesta tramite un vissuto di demotivazione, delusione e disinteresse nei confronti dell’ambiente lavorativo e interessa in particolar modo tutti quei soggetti che lavorano in contesti nei quali vi è un continuo confronto con le identità e i vissuti di altri soggetti, proprio per questo è una situazione che sempre più spesso si presenta nelle professioni socio-sanitarie, che obbligano a dare risposte precise e puntuali ai bisogni delle persone con cui si lavora.

Come si vive la sindrome da burnout?

Ogni singola persona vive tale sindrome in maniera differente, in base alle singole esperienze lavorative che sperimenta quotidianamente; nonostante ciò, le motivazioni di fondo sono per lo più sempre le stesse, legate in particolar modo a tre differenti elementi, qui di seguito elencati, ed esplicitati da Christina Maslach all’interno del suo libro - Burnout ed organizzazione. Modificare i fattori strutturali della demotivazione al lavoro. - 

1. Un deterioramento dell’impegno nei confronti del lavoro[2];

Tramite tale primo elemento svanisce l’impegno che ogni singolo soggetto riservava alle “faccende” lavorative e tutto ciò che inizialmente rappresentava elementi di positività all’interno del contesto di lavoro perdono di significato divenendo caratteristiche prettamente negative (es. esaurimento, cinismo, inefficienza).

2. Un deterioramento delle emozioni[3];

Con il presentarsi del burnout tutti i sentimenti positivi quali ad esempio l’entusiasmo iniziale o il piacere del lavorare si trasformano in sentimenti ostili quali ad esempio la rabbia o l’amarezza.

3. Un problema di adattamento tra la persona ed il lavoro[4].

In tale ultima caratteristica è importante sottolineare che, seppur per sentito comune, la colpa di tale situazione viene fatta ricadere sulla persona. In realtà non è la persona in sé ad avere un “problema”, ma è piuttosto il contesto lavorativo nel quale ognuno è inserito a presentare dei problemi.



Note:

[1] C.P.C. Steinhilber, E. Coralli, F. Barale , Burn-out: una riflessione, in Journal of psychopathology, 2001, n.2. Https://www.jpsychopathol.it/article/burn-out-una-riflessione/ 

[2] Maslach Christina, Leiter Michael P., Burnout ed organizzazione. Modificare i fattori strutturali della demotivazione al lavoro, Erickson editore, USA,1997, p. 29.

[3] Maslach Christina, Leiter Michael P., Burnout ed organizzazione. Modificare i fattori strutturali della demotivazione al lavoro, Erickson editore, p. 29.

[4] Maslach Christina, Leiter Michael P., Burnout ed organizzazione. Modificare i fattori strutturali della demotivazione al lavoro, Erickson editore, p. 29. 


Se sei interessato a raccontare la tua esperienza o le tue riflessioni di assistente sociale siamo lieti di pubblicare un tuo articolo sul nostro blog. Per maggiori informazioni contatta la dott.ssa Serena Vitale (redazioneblog@progettofamiglia.org)
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