I centri anti-violenza e dell’azione rieducativa in una società sempre più conflittuale (Parte I)

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I centri anti-violenza e dell’azione rieducativa in una società sempre più conflittuale (Parte I)

Covid-19: incremento richieste di aiuto. Violenza psicologica, fisica, sessuale, economica. Assistenti sociali e violenza di genere. Uomini violenti.

Perchè?

Da diversi anni assistiamo ad atti di violenza che si ripercuotono sulle donne con conseguenze atroci e ci interroghiamo del perché di tanta brutalità da parte degli uomini. Assistiamo a omicidi, dolori e volti sfigurati della loro bellezza, solo per il desiderio di possesso sulla figura femminile da parte dell’altro.

«Assistiamo a omicidi, dolori e volti sfigurati della loro bellezza, solo per il desiderio di possesso sulla figura femminile da parte dell’uomo»

La violenza sulle donne e i centri di auto.

Le donne che hanno subito violenza vengono prese in carico da servizi pubblici (Servizio Sociale Territoriale), servizi privati (Centri Antiviolenza, Casa delle donne) e professionisti. In particolare queste realtà sono attive nell’accoglienza della vittima, nella presa in carico del problema e nella creazione di un progetto personalizzato per la donna e i suoi eventuali figli.

Dal 2015, in Campania, sono stati istituiti vari centri anti-violenza presso i diversi ambiti territoriali, come – ad esempio – il  Centro anti-violenza “Alice e il Bianconiglio”, in provincia di Avellino, promosso dalla Cooperativa “la Goccia”, finanziato dalla Regione. Nel 2016, in particolar modo nell’avellinese, è iniziata una vera è propria sperimentazione e creazione di nuovi centri anti-violenza. La coordinatrice del progetto, la dr.ssa Caterina Sasso, ha ricevuto numerose richieste d’aiuto da parte di donne vittime di violenza. Richieste che sono aumentate di anno in anno. Ad esempio nel 2016  sono pervenute 17 richieste, mentre nel 2019 le chiamate sono arrivate a 170.

Senza dubbio, in un momento storico così difficile,  in cui la pandemia ci ha obbligato a rimanere in casa per mesi, vi è stato un incremento di domande soprattutto perché le donne si sono trovate costrette a vivere a più stretto contatto con chi già le maltrattava. 

Questo periodo pandemico, ha reso ancora più difficile il lavoro dei centri, proprio perché vi era l’impossibilità, da parte delle “vittime” di mettersi in contatto e chiedere aiuto.

Le richieste d’aiuto più frequenti…

La coordinatrice Caterina Sasso ha spiegato che tutte le donne, che arrivano al centro o che intrattengono un colloquio telefonico, raccontano come la loro storia di sofferenza quasi sempre ha avuto inizio con una situazione di violenza psicologica, sfociata poi, in violenza fisica o sessuale.

La violenza psicologica è il primo tassello di una ferita che diviene con il tempo sempre più profonda. Attraverso questa violenza, la donna si indebolisce fino ad annullarsi e, sentendosi violata anche del corpo, sviluppa una forte fragilità psicologica che rende la sua personalità ancora più debole.

Fa riflettere il dato secondo il quale il 67% delle donne che hanno contattato il Centro “Alice e il Bianconiglio” nel 2019 fosse disoccupato, nonostante possedesse titoli di studio elevati. Molto probabilmente sono state costrette a dedicarsi alla sola cura dei figli e della casa.

La violenza psicologica e\o fisica sfocia spesso anche in maltrattamenti di tipo economico. Per tale motivo il Centro aiuta le donne ad entrare nel mondo del lavoro, con la realizzazione di curriculum o contratti con aziende, per permettere alle stesse di diventare completamente indipendenti dagli uomini che le maltrattano.


Se sei interessato a raccontare la tua esperienza o le tue riflessioni di assistente sociale siamo lieti di pubblicare un tuo articolo sul nostro blog. Per maggiori informazioni contatta la dott.ssa Serena Vitale (redazioneblog@progettofamiglia.org)
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