Burnout moderno: responsabilizzazione del contesto sociale, economico e lavorativo - PARTE I

Home
/
Blog AffidoBlog Social Work
/
Burnout moderno: responsabilizzazione del contesto sociale, economico e lavorativo - PARTE I

Esclusione dell’io e gestione meccanica. Sovraccarico di lavoro e mancato compenso economico. Principio di equità e sfiducia.

A vantaggio della persona o del lavoro?

Oggi la sindrome del burnout mette in pericolo la dimensione umana del lavoro conquistata con immensi sforzi dai lavoratori nel periodo della Rivoluzione Industriale, l'attuale circuito economico rischia di alienare la persona a vantaggio dell'entità produttiva.

«La sindrome del burnout pone le sue radici in un tempo passato»

I fattori di crisi

La sindrome del burnout pone le sue radici in un tempo passato inquadrabile nel periodo del grande progresso industriale, in cui l'essere umano lavoratore era parte di un ampio ingranaggio produttivo che escludeva categoricamente l'ideale di un ambiente sano, confortevole, dalle prospettive di crescita professionale dove poter esprimere le proprie competenze ricevendo una equa gratificazione.

Naturalmente si cercò di rimediare ponendo le basi a una nuova visione del lavoro che prendesse in considerazione il lavoratore nella sua dimensione soggettiva anziché nella visione retrograda del lavoratore in funzione machiavellica. Conquiste, tuttavia, che oggi vediamo eclissare inesorabilmente dietro l'ombra del nuovo trend economico in cui l'interesse è completamente focalizzato sul tornaconto monetario a discapito della qualità del prodotto e del benessere del lavoratore; la seguente filosofia organizzativa ha creato le condizioni favorevoli affinché nelle società attuali la sindrome del burnout sia particolarmente presente, questa volta senza alcuna distinzione di classe.

L'economia globalizzata ha naturalmente aumentato il rischio di burnout a danno dei lavoratori, con l'incremento delle competizioni produttive è aumentata la pressione produttiva sui lavoratori. Questo fenomeno è peggiorato anche perché le politiche protezionistiche sono risultate sempre più inadeguate abbattendo il muro delle barriere commerciali e facendo avanzare i colossi delle multinazionali anche nei Paesi in via di sviluppo.

Se nei Paesi in via di sviluppo il progresso tecnologico permette loro di essere più competitivi, nei Paesi industrializzati può diventare fonte di malessere per il lavoratore che rischia di essere licenziato in quanto sostituibile, oltre ad avere un evidente costo di denaro ma anche di tempo. Dunque, pur cambiando l'assetto economico nel corso del tempo, il fenomeno del burnout si manifesta con continuità e analogia provocando una svalutazione dei valori umani con l'evidente rischio di mettere in crisi una serie di conquiste che hanno restituito dignità al lavoratore.

Discordanza tra lavoro e persona

La sindrome del burnout trascende la realtà lavorativa, crea una condizione di dissonanza tra il lavoro e la persona. Un segnale incontrovertibile che ci si trova dinanzi a una tale dissonanza è il sovraccarico di lavoro, ovvero fare troppo, in troppo poco tempo e con risorse precarie, scarse.

Anche la scelta di una gestione meccanica delle risorse umane è fonte di burnout in quanto le persone risultano vincolate a delle prestazioni meccaniche che eludono la volontà intrinseca del lavoratore di porre in essere delle iniziative, ma anche la possibilità di scegliere, decidere, lasciando in quest'ultimo una sensazione di incertezza, di personale inaffidabilità in quanto non investito di responsabilità.

Una terza dissonanza altamente conosciuta, e non da oggi, è la mancanza di un compenso economico equo, nonché la precarietà lavorativa con gli annessi contratti che spesso non gratificano né riconoscono lo sforzo del lavoratore, provocando danni non solo da un punto di vista personale ma anche nel rapporto con gli altri, si perde il senso di comunità o di appartenenza che può sfociare in una serie di manifestazioni deleterie tra cui conflitti cronici e irrisolti.

E se manca il principio di equità?

I seguenti conflitti sono alimentati soprattutto quando nell'ambiente lavorativo è assente il principio di equità: una mancanza che può investire la mole di lavoro, lo stipendio, processi riguardanti le valutazioni o le promozioni, tutti elementi che suscitano nei dipendenti un senso di sfiducia, per cui in assenza dei valori di giustizia possono generarsi valori contrastanti che sottendono la mancanza di onestà da parte di chi detiene l'autorità.

La mancanza di equità da parte delle politiche organizzative a vantaggio, tra l'altro, dei profitti, dei bilanci, mina i rapporti di reciprocità altresì i valori di una comunità lavorativa che si sente minacciata.

Può dunque accadere che la sindrome del burnout possa manifestarsi anche a causa di una discordanza tra il lavoratore e l'ambiente lavorativo in cui è inserito. Il lavoratore può essere portato a mettere in atto una serie di azioni eticamente scorrette in contrasto con i propri valori personali; delle volte può capitare che la stessa organizzazione non sia coerente con gli ideali dichiarati, creando una incongruenza con se stessa e con il lavoratore che può vivere un profondo deterioramento etico e morale.


Se sei interessato a raccontare la tua esperienza o le tue riflessioni di assistente sociale siamo lieti di pubblicare un tuo articolo sul nostro blog. Per maggiori informazioni contatta la dott.ssa Serena Vitale (redazioneblog@progettofamiglia.org)
Scrivi un Messaggio
Accetto la Privacy Policy
L'invio del tuo messaggio è andato a buon fine.

Siamo lieti che tu ci abbia scritto! A breve il messaggio sarà visionato dallo Staff del Centro Studi. Ti risponderemo quanto prima.

Cordiali saluti, la Tutor del Centro Studi, dr.ssa Carmela Carotenuto.
Oops! Qualcosa è andato storto!